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SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | Guerra e giornalismo in bretelle rosse

Mentre a Mosca la giornalista Marina Ovsyannikova (pensa te collega che so di Maria Giovanna Maglie o di Barbara Palombelli) appare in un sublime agguato in tv a mostrare un cartello con su scritto: «No war. Fermate la guerra. Non credete alla propaganda. Vi stanno mentendo. Russi contro la guerra», in Italia: solo chiacchere e distintivo. Un teatrino, ma grosso e grossolano, dove parolai usciti da tso (come li ha definiti David Parenzo) e geo politologi da strapazzo si arrampicano sugli specchi, molti a sostenere le ragioni (sic!) del macellaio che siede al Cremlino. Mentre che so Francesca Mannocchi o Marta Serafini rischiano la pelle come inviate al fronte, i loro servizi sono striminziti e pressocché tollerati per poter passare appunto agli sproloqui evanescenti e banali e apodittici degli ospiti in studio.

Oppure sopraffatti da sua maestà la Pubblicità: «Oh mio Dio come ho sforato, scusami Daniele [Piervincenzi] tanto tu te ne stai in vacanza a Odessa sotto le bombe ma qui hanno priorità i budini di una casa che è, pòffare, la casa delle bontà». E poi c’è l’abbronzatura da lampada di Aladino del Floris che balletta fra comparse sedute in castigo su scomodissime poltrone di legno o cartone compresso, cinguettando e dirigendo un coro che stona, con un prof [Ugo Mattei] ordinario di diritto all’Università (Gesù che Paese la nostra amata Patria) che mente senza pudore appellandosi alla sacralità della Costituzione, forse quella della Corea del Nord, sostenendo che migliaia di miliziani mercenari siriani o ceceni stanno attaccando i poveri marmittoni russi in ausilio dei nazisti di Zelenskij, che se sparano a giornalisti o a donne incinte che sarà mai, non sono gli Ucraìni adepti di Mengele e di Himmler?

Basta talk show, li bandisco, preferirò trascorrere le serate in solitaria: scrivendo, compilando rebus e cruciverba, leggendo libri, guardando e soffrendo il mio Toro, facendo gesti apotropaici contro la Juve, arrabbiandomi con Cannella che fa la recalcitrante alle mie caste carezze. Ma che me l’ha prescritto la mia dottoressa Valeria di assistere alla visione di Federico Rampini, estate e inverno in camiciola, grigio e malmostoso il giusto e irradiato soltanto dalle sue gagliarde e sgargianti e ridicole bretelle dai più impraticabili colori? Mi fa venire alla memoria una delle più celebrate battute del cinema (“C’era una volta il West”). La pronuncia lo spietato Frank, il killer Henry Fonda: «Come si fa a fidarsi di uno che porta insieme cintura e bretelle, di uno che non si fida nemmeno dei suoi pantaloni?».

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