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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Camplone e il Perugia: i tre anni del pescarese sulla panchina biancorossa

L’ “era Camplone” comincia il 12 novembre 2012, presentazione alla stampa insieme al secondo, Giacomo Dicara, e a Gianni Moneti, che all’epoca ricopriva ancora la carica di presidente insieme al socio Santopadre

Con la conferenza stampa di ieri di Massimiliano Santopadre si è chiusa l’era di Andrea Camplone alla guida del Perugia: toni molto diversi rispetto a 2 anni fa quando il massimo dirigente del Grifo aveva esonerato l’allenatore pescarese sull’onda della rabbia e della delusione per la sconfitta nei play-off contro il Pisa. Questa volta solo parole al miele per l’ex terzino, definito addirittura “un amico” dallo stesso presidente. Eppure i momenti di tensione nel corso di questi 3 anni di percorso comune ci sono stati.

L’ “era Camplone” comincia il 12 novembre 2012, presentazione alla stampa insieme al secondo, Giacomo Dicara, e a Gianni Moneti, che all’epoca ricopriva ancora la carica di presidente insieme al socio Santopadre. C’era da risollevare un campionato di Lega Pro Prima Divisione che aveva visto i biancorossi partire bene per poi incepparsi. L’esonero di Battistini, l’uomo che aveva pilotato la rinascita, a quel punto era inevitabile.

L’abruzzese debutta pochi giorni dopo in un rocambolesco 2-2 casalingo contro il Frosinone: Grifo avanti 2-0 fino al 90’, poi 2 reti in 2 minuti dei ciociari cancellano il sorriso e rigettano nello sconforto i tifosi del Perugia. Ma la squadra è costruita per vincere il campionato e nel giro di poco tempo Camplone trova il bandolo della matassa giocando con un 4-3-3 spumeggiante, illuminato dalla velocità e dalla fantasia di due giovani talenti quali Fabinho e Politano. Arrivano i primi successi e il Grifo comincia la sua risalita. Il vero capolavoro – rimasto incompiuto – è nel girone di ritorno: 12 vittorie, 1 pareggio e 2 sconfitte.

La quasi perfezione. Già, quasi, perché dopo una rimonta vertiginosa ai danni dell’Avellino, il Perugia si blocca a Viareggio, battuto 1-0 da un club che lotta per la salvezza. Addio promozione diretta. A nulla servono gli ultimi 2 successi, i Lupi campani, aiutati da arbitraggi rivedibili, centrano i 3 punti necessari per mettere una distanza incolmabile tra sé e il resto del mondo. Si va ai play-off, con il Pisa come avversario, e per Camplone arriva la prima bruciante delusione di questi ultimi 3 anni: 2-1 in Toscana e un 2-2 al “Curi” che i perugini difficilmente scorderanno, con Favasuli che gela uno stadio ancora inebriato dalla rete del 2-1 di Rantier, quella che avrebbe consegnato ai biancorossi il passaggio in finale. Uno shock tremendo, tanto che Santopadre solleva dall’incarico il tecnico, che si scoprirà a posteriori, non essere affatto gradito a Gianni Moneti.

Ma la separazione tra Camplone e il Perugia dura meno di tre mesi: Lucarelli, nominato nuovo allenatore, non convince la dirigenza durante il periodo estivo. Santopadre recita il mea culpa e richiama il pescarese in panchina che, per il secondo anno di fila, si ritrova a gestire un gruppo di giocatori non scelti da lui. Il ritorno non produce subito effetti e non poteva essere altrimenti: solo 2 le vittorie, a fronte di altrettante sconfitte e 3 pareggi. L’ambiente però è meno preoccupato rispetto all’anno prima, perché a Pian di Massiano tutti sanno che il 4-3-3 di Camplone ci mette un po’ a carburare. E la conferma arriva nei mesi successivi, in cui i Grifoni infilano un incredibile filotto di 15 risultati utili consecutivi e un primo posto strameritato davanti a Frosinone e Lecce.

Poi, però, l’inevitabile calo: 4 giornate, 2 punti, i ciociari di Stellone si rifanno sotto e sorpassano. A quel punto il mister biancorosso si inventa la mossa che cambia la storia del campionato: addio modulo sbarazzino, benvenuto 3-5-2, decisamente più equilibrato. La mossa è vincente ed innesca un testa a testa emozionante che vede il Perugia non mollare più fino al fatidico controsorpasso del 13 aprile: gli umbri vincono con il Pontedera, il Lecce batte i leoni laziali e Camplone può festeggiare il ritorno in vetta. A due giornate dal termine il Grifo ha in mano il proprio destino, ma ci sono ancora da affrontare la Salernitana e lo “spareggio” decisivo con il Frosinone. In Campania il Perugia sfodera una prestazione di carattere: va in vantaggio grazie al salernitano Mazzeo, poi viene travolto dall’uno-due dei granata, ma riesce a rimettere a posto le cose nella ripresa con il rigore di Moscati.

Già, proprio Moscati, che una settimana dopo trafigge con un gran destro Zappino e il Frosinone in un “Curi” stracolmo. È la fine di un incubo durato 9 anni, parte la festa, si torna in serie B. Camplone, subito dopo il triplice fischio dell’arbitro dirà: “Avevo un debito con i tifosi e con la città, credo di averlo ripagato”. Il Grifo si toglie anche lo sfizio di battere l’Entella nella doppia finale che assegna la Supercoppa di Lega Pro, è la ciliegina su un campionato da ricordare.

L’anno appena passato, il primo per il pescarese tra i cadetti, non è stato meno turbolento dei precedenti, anzi. La partenza sprint con i tre schiaffi a Bologna, Bari e Catania, candidate alla promozione, un primo posto che ha stupito l’Italia intera. Ma anche il black-out totale da ottobre a gennaio, nel quale il Perugia vince solo 2 dei 18 match giocati. Una miseria che cancella l’euforia iniziale, si capisce che il mercato estivo è stato carente, troppi errori di valutazione, specialmente nella scelta degli attaccanti, e la panchina dell’abruzzese comincia a traballare.

Il 3-1 che il Vicenza rifila ai Grifoni è l’ennesimo pugno allo stomaco, Santopadre sembra averne abbastanza, chiama Atzori, l’avvicendamento è un passo. Invece Camplone resiste, la dirigenza gli concede un’ultima chance e l’allenatore la sfrutta alla grande battendo il Modena e dando il via all’ennesima rimonta della carriera: in 17 giornate una sola sconfitta, ironia della sorte contro il Frosinone, per il resto è un filotto di risultati positivi che rilanciano il Perugia nei piani alti della classifica. Inutile negare il ruolo che la campagna acquisti di gennaio ha avuto sulla squadra: Hegazy, Mantovani, Faraoni, Rizzo e Ardemagni aiutano e non poco l’allenatore a riguadagnare la fiducia della società.

Alla fine il Grifo raggiunge il sesto posto. Il resto è storia recente: il preliminare play-off contro il Pescara, città di Camplone, sembra un deja-vu. Riappaiono di colpo gli spettri del Pisa, l’errore di Koprivec e il fallo di Fossati – due che nel girone di ritorno avevano fatto molto bene – chiudono la stagione del Perugia e l’avventura dell’abruzzese in biancorosso. L’ex terzino qualche rimpianto ce l’avrà di sicuro, perché il gruppo era nettamente migliorato rispetto ai mesi precedenti e sarebbe stato magnifico poter continuare a lottare fino alla fine.

Troppa la delusione per andare avanti, forse un po’ di amarezza che è rimasta da quel mancato esonero di febbraio, in cui Camplone è stato messo sulla graticola e salvato appena in tempo. Umanamente comprensibile che da entrambi le parti ci sia stata la necessità di chiudere questa esperienza: in bocca al lupo mister, Perugia ringrazia e guarda avanti. 

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