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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Calcio

GRIFONERIE Perugia “prigioniero” di un Var senza regole, ma la squadra ha perso forza e qualità

Il rigore nettissimo su Matos si poteva “recuperare” se gli allenatori potessero avere una chiamata per tempo a disposizione. L’inspiegabile ostracismo a D’Urso per schierare Kouan

Il pareggio, molto largo di Cittadella (palle-gol 7-3 per i veneti, e questo dato non mente mai) può e deve essere affrontato su due diversi piani. Quello tecnico e quello arbitrale. Cominciamo dalla fine, esattamente come dall’evidente errore del tandem Robilotta (arbitro) - Ghersini (Var). Era rigore l’entrata di Del Fabbro su Matos? Rigorissimo, se così possiamo dire, visto che l’unica discrimine è sapere se il “difendente” ha fatto o meno fallo. La risposta è ovviamente sì. Fallo clamoroso, dritto sulle gambe di Matos in piena area. E non conta niente che nessuno tocchi il pallone.

Allora, regola 12 alla mano, possiamo leggere: “Viene assegnato un calcio di rigore quando un calciatore commette uno dei suddetti falli all'interno della propria area di rigore, contro un avversario, in un modo considerato dall’arbitro negligente, imprudente o con vigoria sproporzionata, indipendentemente dalla posizione del pallone, purché lo stesso sia in giuoco:

  • Dare o tentare di dare un calcio all'avversario (l’ha dato)
  • Far cadere l'avversario (l’ha fatto cadere)
  • Saltare su un avversario (idem)
  • Caricare in modo violento o pericoloso (idem).

Inoltre, ma non è il nostro caso: caricare da tergo, salvo che l'avversario faccia ostruzione; colpire, tentare di colpirlo o sputargli addosso; trattenerlo per non farlo muovere, spingerlo, toccare la palla con una mano o con il braccio.

Tutto ciò precisato, dunque, è lecita la domanda fatta da Alvini: perché Ghersini, esattamente come Mazzoleni al 93’ di Brescia-Perugia, non ha richiamato Robilotta davanti al video? Esattamente, per completare l’incrocio pericoloso, quello che aveva fatto Maggioni con Abbattista dopo il fischio finale del rimo tempo della partita col Benevento. E quello che ha fatto lo stesso Mazzoleni domenica scorsa a Torino, quando ha “convinto” Irrati che il fallo di Dumfries su Alex Sandro fosse da rigore, il che ci pare una grossolana sciocchezza. Se quello è un fallo da penalty, l’intervento di Del Fabbro ne vale almeno tre. Ammesso che esista una possibilità del genere…

Sin qui pensiamo di aver chiarito abbastanza bene che cosa succede sui campi di calcio da quando esiste il Var, e giunge a proposito la designazione di domenica col Pisa dell’Internazionale Davide Massa. Il quale, come si ricorderà, non dirige una partita da 5 marzo (Roma-Atalanta), ed è stato fermato da Rocchi dopo Torino-Inter del 13 marzo, nella quale faceva il Var di Guida, partita durante la quale da indotto all’errore l’arbitro non vedendo nemmeno alla moviola il netto fallo da rigore di Ranocchia su Belotti (“vai, vai ha preso la palla”…).

Citiamo questo episodio per ribadire, se ce ne fosse ancora bisogno, che nessuno ce l’ha col Perugia (o col Torino o con la Juve o col Milan), semplicemente la classe arbitrale si sta barcamenando, diremmo dibattendo con un cambio epocale e fatica a gestirlo. Tra arbitri timidi e poco esperti (Robilotta, tornato a fischiare dopo un anno. Era stato sospeso dalla CAN), altri sicuri di non sbagliare mai (Orsato, Massa, Guida), altri ancora quantomeno confusi sulle regole del calcio (Miele a Brescia), per non dire di Mazzoleni, che da Var non ha perso l’abitudine che aveva da arbitro, cioè quella di prendere decisioni controverse.

La soluzione potrebbe essere quella di consentire agli allenatori una chiamata-Var per tempo, forse due. Si perderebbero minuti? Sicuro, ma sarebbe un altro passo in avanti per eliminare tutti i sospetti che vengono accumulati nell’arco di un campionato. Se Robilotta fosse stato trascinato davanti al video non avrebbe potuto chiudere gli occhi.

Così, invece, Alvini può dire che tra il dare e l’avere il Perugia è in fortissimo debito con la classe arbitrale, ma come sempre fare questi conteggi diventa un esercizio sempre parziale. Per esempio: a Crotone l’arbitro avrebbe potuto espellere Angella e dare un secondo rigore sul mani di Sgarbi. Invece è andata diversamente.

Ora che alla fine mancano 5 giornate farsi catturare dal vittimismo non serve a nulla. Quello che occorre è ritrovare un filo conduttore perso per strada dopo Reggio Calabria. Perché il gioco proposto da Alvini per trequarti di campionato necessita di grande agonismo, di condizione atletica ottimale e sfrontatezza nell’andare uno contro uno senza paura di sbagliare. Parecchie di questi ingredienti si sono un po’ persi tra infortuni, cali di condizione e di concentrazione. I playoff sono ancora lì a portata di mano, ma bisognerà fare un bel bottino contro squadre per nulla remissive (Pisa, Vicenza, Parma, Ternana, Monza). Quanto al gioco, cassato del tutto il tridente visto a Crotone, resta da caprie perché Alvini insista ancora su Kouan, che quest’anno litiga col pallone in modo inguardabile e invece dia poco spazio a D’Urso, che ha i piedi da trequartista, per compensare una lacuna evidenziata anche a Cittadella: la mancanza di qualità negli ultimi 16 metri.

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