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Calcio Pian di Massiano / Viale Pietro Conti

GRIFONERIE Concentrazione, esperienza e istinto del gol non si comperano al calciomercato

Il pari con la Spal ha riproposto problemi strutturali, ma contro le grandi il Perugia non ha mai fallito. Le scelte di Alvini e la stanchezza di De Luca

Per mettere una pietra sopra al pareggio di mercoledì sera basterebbero due numeri secchi: 9 e 6. Nove sono i punti conquistati – si fa per dire – dal Perugia al Curi contro le ultime sei della classifica. Nove su 18 disponibili, quasi una sentenza. Ma col tempo abbiamo imparato che nel calcio nessuna partita è uguale all’altra, per cui anche il pari con la Spal, sull’unica vera occasione capitata ai ferraresi contro la mezza dozzina del Perugia, al massimo può essere paragonata allo 0-1 col Pordenone.

Dunque cerchiamo di analizzare e di capire meglio, andando per punti.

Il Perugia ha confermato, se ce ne fosse stato ancora bisogno, di non avere giocatori capaci di capitalizzare le palle-gol. Matos (2 volte) e De Luca (3-4), soprattutto, hanno avuto sui piedi occasioni importanti (tralasciando le opportunità capitate a Falzerano, Kouan - di piede - Santoro e Olivieri di poter centrare la porta), ma i tiri espressi non hanno avuto né la precisione, né la potenza necessaria per finire in rete. Per quasi tutti si tratta di deficit strutturale. La palla non va via veloce per evitare il tuffo del portiere, non è mai colpita piena. Non “suona”. Chi ha buona memoria ricorderà forse i rumori di campo che si percepivano negli stadi vuoti durante il lockdown. Allora si capì molto ma molto bene cosa significasse far viaggiare la palla, colpirla forte e nel punto giusto. E tanto per citare sempre l’Atalanta, più di un autorevole commentatore ha fatto rilevare proprio questo aspetto: i passaggi tra i giocatori di Gasperini sono sempre delle fucilate rasoterra che rimbombano, così come i tiri, soprattutto di Malinovsky.

E’ chiaro che qui stiamo parlando del Perugia, cioè di una squadra costruita per salvarsi in serie B e dunque ci potremmo fermare qui. Però, riteniamo che occorra focalizzare l’attenzione sugli errori di De Luca. Lui, almeno a giudicare dai suoi gol (su YouTube ci sono tutti, persino quelli con la Primavera del Toro), ha un discreto tiro anche da fuori area e sotto misura trova sempre il pertugio giusto per far passare la palla. Che cosa è successo, allora, contro la Spal? Forse è stanco dopo 25 partite nelle quali ha giocato mediamente 76 minuti ogni volta? Può darsi. Di certo se in un passato anche recente abbiamo scritto che a De Luca arrivavano pochi palloni giocabili, contro la Spal questa cosa non è successa. Ha avuto almeno 5 occasioni per metterla dentro, ma l’unica conclusione degna di questo nome è stata quella di testa dopo 13 minuti, ancorché mirata troppo addosso al portiere. Starà ad Alvini ed al suo staff recuperarlo, fisicamente e mentalmente, visto che poi, alla fine dei conti, il pareggio della Spal è arrivato da un suo clamoroso errore di valutazione a 20 secondi dalla fine.

Allacciandoci proprio al gol spallino, l’ennesimo subito nei minuti finali, non si può non chiamare in causa l’esperienza. Sia per la pessima gestione di quel pallone di cui sopra, sia per essersi fatti beccare scoperti al 94’ e su rilancio del portiere avversario. Una cosa del genere era successa anche a Monza, ma a difesa schierata e al 96’! Ancora peggio. Si può allenare l’esperienza? No, è esattamente come il tiro in porta. Ci si può applicare, si può rovistare dentro se stessi per migliorare la concentrazione, ma è molto difficile cambiare le carte in tavola dall’oggi al domani. E tanto per essere ancora più chiari, gli uomini d’esperienza erano in campo a Monza.

Chiudiamo con Alvini e sui cambi fatti alla fine del primo tempo, soprattutto con la scelta di schierare prima Santoro e poi Segre sulla linea dei difensori. Come accennato in sede di valutazione nelle pagelle, probabilmente avendo Rosi, Zanandrea, Dell’Orco, Ferrarini e Angella fuori uso (ma su questi ultimi due non sappiamo per certo) non aveva da fare molte scelte. Ma allora perché “inventare” un ruolo nuovo ai due centrocampisti quando c’era pronto Falzerano che sta studiando dall’inizio dell’anno per difendere sulla destra, che ha imparato pure le diagonali difensive? Invece Santoro e Segre terzini e Falzerano interno di centrocampo. Oppure: perché non tenere Beghetto accanto a Sgarbi e Curado, lui almeno è un difensore di ruolo, anche se più propenso a spingere. Di fatto, pur sbagliando molti gol, il Perugia ha finito per chiudersi dietro, per subire, perché ha perso completamente il controllo del gioco.

Concludendo: l’ennesimo inciampo al Curi non pregiudica nulla: la salvezza è acquisita, i playoff sono a portata di mano. Ma occorrerà prendere i punti col Como e poi fare un bel ripasso sulle cose migliori fatte vedere in questa stagione.

Come dice Arrigo Sacchi “se non ci sono innovazione, coraggio e conoscenza non si può pensare di giocare bene”. E il Perugia, contro le prime 8 del campionato, contro quelle che andranno a giocarsi la serie A, queste doti le ha sempre messe in mostra.

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