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GRIFONERIE Gli esperimenti di Alvini mandano il Perugia in confusione totale

Il tridente “leggero” senza De Luca una zavorra per la squadra. Burrai, D’Urso e il centravanti indispensabili per sperare ancora nei playoff

Nell’arco di 31 partite di Alvini è stato detto di tutto: che era un integralista, poi – all’opposto - che cambiava troppo (ricordate? 9-7-8 sostituzioni tra una partita e l’altra), persino che era accondiscendente verso tutti, ecumenico, diciamo. A quest’ultimo rilievo il tecnico toscano ha risposto con un attacco ad alzo zero a Baroni (“non ha capito niente durante la partita né nelle dichiarazioni finali”) e con una inaspettata confessione dopo aver vinto a Reggio Calabria. Questa “se non ci avessero fermato a Brescia avremmo lottato per la A diretta”.

Di quale sia il vero Alvini, in tema di dichiarazioni, in fondo poco ce ne importa. Abbiamo sempre apprezzato la sua strategia (i concetti di gioco, direbbe) e dopo Lecce ci siamo spinti a parlare di “capolavoro”, visto che aveva quasi battuto la capolista giocando in dieci, senza trascurare il fatto concreto che nel vorticoso turn-over imposto dal calendario, pur cambiando molto, a livelli da record italiano, la squadra aveva sempre mantenuto una identità precisa e, soprattutto, fatto passi avanti importanti in classifica. Chiusa parentesi.

Che cosa è successo, invece, a Crotone? Che Alvini ha messo in campo una squadra improponibile, costantemente sbilanciata, preda dall’inizio alla fine dei contrattacchi calabresi. Colpa, secondo noi, dello schieramento con tre punte, male assortite, praticamente una copia l’una dell’altra, che non hanno mai ripiegato lasciando Segre e Santoro sempre in grande difficoltà nel mezzo, peggio ancora quando Falzerano e Lisi non rientravano tempestivamente ed i due tuttocampisti dovevano pure slittare sugli esterni per supportare i difensori.

Supponiamo che Alvini abbia fatto questa scelta rischiosissima per poter avere più presenza in area di rigore, ma l’azione del gol di Olivieri, con sei grifoni in area (lui, Matos, Lisi, Segre, Falzerano e Carretta) è stata allo stesso tempo una casualità ed un ammonimento. Alvini avrà già rivisto la partita e si sarà reso conto di aver sbilanciato la sua squadra come era successo, forse, solo a Como.

E il fatto che il rigore sia arrivato certamente per un errore di valutazione di Angella, ma praticamente in contropiede e con la difesa altissima, pur essendo in vantaggio di un gol è un’altra aggravante.

Andando a spasso nella memoria ci resta difficile trovare un tridente leggero più anomalo di quello di Crotone. Forse dovremmo risalire a quello primordiale di Zeman a Foggia, con Signori, Baiano e Rambaudi, ma parliamo di giocatori di alto profilo, non a caso capaci di realizzare 85 reti in due stagioni. Persino Galeone, mago del tridente spericolato, non rinunciava mai al centravanti (Marco Negri…Grande!)

Per dirla tutta dopo il primo tempo ci saremmo aspettati subito Burrai, De Luca e D’Urso. Il regista perché in un centrocampo a due chi sa muovere la palla è indispensabile. Il centravanti perché al di là di tutto il Perugia non può farne a meno. Sbaglia, certo, ma meno di altri. E lasciarlo in panchina continuando a giocare con palloni lunghi scagliati da dietro non ha granché senso. Infine D’Urso. Abbiamo tutti detto e scritto che era al ciliegina sulla torta, quello che mancava sulla trequarti per mandare in porta gli attaccanti o andarci imprima persona. Perché lasciarlo fuori fin quasi alla fine?

Vedremo a Cittadella, ma abbiamo la netta impressione che stavolta, se vorrà venir fuori con un risultato positivo, Alvini non potrà fare a meno dei tre succitati.

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