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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Cosa vogliono fare i giovani dopo la scuola? Lo dice un sondaggio

Altro che “posto fisso”: 1 neodiplomato su 6 vorrebbe diventare imprenditore, 1 su 4 aspira al lavoro autonomo

All'idea di avere un posto di lavoro fisso, i giovani della cosiddetta "generazione Z" preferiscono proiettarsi sulla libera professione o sull’impresa privata. Ad affermarlo è “Dopo il diploma”, una recente ricerca condotta da Skuola.net in collaborazione con ELIS, realtà no profit che forma persone al lavoro. Sono tanti, infatti, gli studenti in uscita dal sistema scolastico che dichiarano di avere programmi davvero ambiziosi per il futuro: su 600 neo diplomati intervistati ben 1 su 6 vorrebbe presto calarsi nei panni dell’imprenditore, provando a costruire un’attività tutta sua. A questi va aggiunto un altro quarto (23%) che vorrebbe svolgere un lavoro autonomo, che se non è impresa è qualcosa di simile. Insomma il mito del posto fisso sembra essere meno attraente di quanto non lo fosse per le generazioni precedenti: solo il 25% degli intervistati punta sulla sicurezza del lavoro dipendente, mentre il restante 35% non ha ancora sciolto la riserva. 

Resta il gender gap nell'imprenditoria

RImane alto, invece, almeno nelle intenzioni dei diretti interessati, il gender gap nell’accesso all’imprenditoria. Tra i maschi, infatti, la proporzione sale ulteriormente: oltre 1 su 5 è tentato da questo mondo. Mentre tra le ragazze il dato si ferma al 15%, probabilmente perché queste ultime si sentono “frenate” dalle difficoltà che ancora oggi l’imprenditoria femminile registra nel nostro Paese.

Ad ogni modo, per circa la metà degli aspiranti “capitani d’azienda” (46%) si tratta ancora di una prospettiva non ancora suffragata da una visione concreta. Ma è comunque confortante constatare che oltre 1 su 2 ha già individuato un’idea, a proprio dire vincente, su cui lavorare: il 42% la vorrebbe sviluppare in piena autonomia - una percentuale che tra i maschi sale al 47% - mentre il 12% l’ha pensata come qualcosa su cui operare in team. È interessante notare anche come la mentalità da startupper si stia sviluppando già in età scolare, perché in qualche caso la squadra si è formata da tempo e già sta pianificando i prossimi step.

La necessità di continuare a formarsi

Ovviamente, i ragazzi sono consapevoli che non ci si mprovvisa imprenditori. Specialmente l’iniziativa privata ha bisogno dei suoi tempi per essere “matura”. Una sorta di percorso a tappe che, gli stessi studenti vorrebbero iniziare il prima possibile. Così, circa 1 su 6 - guarda caso la stessa proporzione di quanti aspirano a puntare su loro stessi - vorrebbero già oggi essere orientati o avere suggerimenti sul mercato del lavoro da chi li ha preceduti, manager di realtà pubbliche e private consolidate. In parallelo ritengono che una formazione ad hoc possa fare la differenza: tra chi ha proseguito gli studi all’università dopo la Maturità, ben 1 su 5 cambierebbe idea se ci fosse un corso professionalizzante o un percorso di affiancamento che gli permetta di bruciare le tappe.

Percorsi di sostegno all'imprenditorialità

Proprio su quest’ultimo punto, rispetto a qualche decade fa, il nostro Paese è sicuramente più attrezzato a supportare i giovani imprenditori in erba ma privi di risorse economiche. Sono, ad esempio, sempre più diffusi sul territorio acceleratori e incubatori che, insieme a investitori pubblici o privati, accolgono le idee appena abbozzate e ne guidano la trasformazione verso imprese vere e proprie, all’interno di progetti di Open Innovation. Mettendole in condizione di camminare sulle proprie gambe o, in altri casi, a essere inglobate in grandi aziende alla ricerca di innovazione. 

Nel frattempo, in attesa di capire se effettivamente riusciranno a concretizzare le loro ambizioni, molti si sono portati avanti sulla tabella di marcia con largo anticipo. Facendo delle “prove tecniche” di lavoro quando erano ancora tra i banchi di scuola, per toccare con mano cosa significa mettersi all’opera: il 27% le ha concentrate nei periodi di stop delle lezioni (vacanze estive, sosta natalizia, ecc.), il 23% le ha svolte anche durante l’anno scolastico. E se nella stragrande maggioranza dei casi (84%) si è trattato dei classici “”lavoretti” (cameriere, baby sitter, ripetizioni, ecc.), un po’ fine a sé stessi, per qualcuno sono stati davvero dei piccoli passi nel mondo che li potrebbe attendere al varco molto presto.

Prove generali di imprenditorialità

I settori innovativi su cui i neo-diplomati hanno puntato maggiormente per incrementare il proprio reddito sono innanzitutto l’e-commerce e, più in generale, la “vendita” di beni e servizi tramite siti web o social network (23%), a seguire si piazza l’influencer marketing e la creazione di contenuti sulle piattaforme digitali (21%). Terzo posto per le operazioni fintech come il trading online o la compravendita di criptovalute (19%). Meno presidiati, invece, i campi dello sviluppo e gestione di App o servizi online, dei social media (sia lato contenuti che marketing), dell’informazione online (web editor, blogger, ecc.): sono tutti e tre appaiati al 10%. A chiudere la classifica, gli e-sports e il gaming professionale, da cui ha ricavato una fonte di reddito il 7% di coloro che si sono cimentati con i mestieri innovativi già alle scuole superiori.

Interessante, a tal proposito, osservare un’eloquente dinamica: sebbene a trainare questo nuovo filone siano soprattutto i giovani del Centro-Sud (sono il 21%, cinque punti percentuali più della media complessiva), nel Mezzogiorno sono in pochi quelli che ci intravedono delle reali prospettive (il 25%, a fronte di una media nazionale del 37%). A ribadire quella tendenziale sfiducia che affligge alcune aree d’Italia.

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