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Cosa ci rende tristi o felici al lavoro? Un'indagine ce lo spiega

InfoJobs ha indagato l’impatto del “lunedì” sull’umore dei professionisti con la survey "Felicità e Tristezza nel mondo del lavoro", ecco che cosa è emerso fra i lavoratori italiani

Si è celebrato nel mondo lo scorso 17 Gennaio il "blue monday", la giornata che si ritiene sia la più triste dell'anno. Se infatti il venerdì è il giorno in cui ci si proietta già nel relax del fine settimana, il lunedì è il giorno in cui gli impegni di lavoro hanno inizio: riunioni, progetti, magari anche quell’attività che si è cercato in ogni modo di rimandare a un vago “lunedì”... tipo l'inizio della dieta! Archiviate le festività natalizie, il Blue Monday rappresenta è il momento del ritorno al lavoro e le prossime vacanze sono ancora molto lontane...

Prendendo spunto da questa data, per capire quale sia in generale l’incidenza del “lunedì” sull'umore dei lavoratori e quali siano gli elementi che concorrono a felicità e tristezza al lavoro, InfoJobs, la piattaforma leader in Italia per la ricerca di lavoro online, ha realizzato un’indagine ad hoc (svolta fra dicembre 2021 e gennaio 2022 da InfoJobs su un campione di 1.301 candidati sulla piattaforma, in tutta Italia, dai 18 anni in su).

Non per tutti il lunedì...

Il primo elemento sorprendente che emerge dall’Indagine InfoJobs "Felicità e Tristezza al lavoro" è che secondo la maggioranza degli intervistati (74,7%) il lunedì, in quanto lunedì, non è il giorno peggiore della settimana. Di questi, il 39,7% dichiara che ogni giorno ha le proprie peculiarità e quindi non è necessariamente il lunedì il giorno più brutto della settimana; addirittura, il 16,1% ama questa giornata perché può contare ancora sulla carica del weekend. C’è poi chi non sa scegliere il giorno meno bello, perché lavorando su turni il lunedì è solo uno fra tanti (9,9%); altri ancora sentono il proprio umore cambiare intorno a metà settimana, quando il weekend passato è ormai lontano e quello che deve arrivare è ancora troppo distante (5,5%). Solo il restante 25,3% del campione considera il lunedì il giorno peggiore, perché vede in esso l’inizio della settimana lavorativa e le responsabilità ad esso collegate.

Cosa ci rende tristi al lavoro

Secondo quanto rilevato da InfoJobs, nella top 5 degli elementi sinonimo di tristezza al lavoro ci sono: al primo posto (per il 44,1%) le tensioni con capo e con colleghi, al secondo posto (37,5%) l’essere impiegati in un lavoro lontano da quello dei propri sogni e che viene svolto per esigenza economica. Al terzo posto c’è proprio la retribuzione, che se non adeguata e commisurata a impegno profuso ed esperienza è per il 26% un elemento che allontana il buonumore. Al quarto posto si posiziona (21%) l’impossibilità di bilanciare esigenze lavorative e personali. In chiusura – è il caso di dirlo – della triste classifica, con il 14,1%, ci sono gli orari di lavoro con permessi e ferie non sempre rispettati. 

Un caso particolare è quello dei lavoratori in smart working: per la maggior parte di loro (30%) è il mancato distacco fra lavoro e vita privata il responsabile di un umore a terra. Segue l’idea di non sapere a quando ci sarà il vero ritorno alla “normalità” (25%) e la mancanza di convivialità con i colleghi (20%), come ad esempio la famosa pausa caffè alla macchinetta. Infine la difficoltà nel dover gestire progetti e lavori a distanza (15%) provoca un senso di tristezza dovuto alla mancata possibilità di potersi riunire e lavorare realmente in gruppo, l’11% poi soffre in particolar modo la lontananza dai colleghi, probabilmente collegata all’idea di lavoro nel senso più tradizionale.

Cosa ci rende felici al lavoro

Il lavoro è dovere, ma la vera conquista è quella di trovare la felicità anche nelle attività professionali, in considerazione del fatto che esse occupano la maggior parte delle nostre giornate.

A determinare il buonumore al lavoro è, secondo quanto analizzato da InfoJobs, in primo luogo (36%) un ambiente favorevole e disteso con colleghi e capi, e questo fa superare anche la sensazione di non svolgere propriamente il lavoro dei propri sogni. Segue a breve distanza (34%) la possibilità di svolgere una mansione che consenta un giusto equilibrio fra gli impegni lavorativi e quelli privati; infine, ma non meno importanti, ci sono i tanto attesi risultati e riconoscimenti da parte dell’azienda (18,4%), la gratificazione è da sempre premiante sia in termini di umore del lavoratore che in termini di produttività.

Gli smartworkers, o chi ha provato il lavoro agile anche per un breve periodo, trovano soddisfazione e felicità soprattutto nell’evitare il commuting (32,4%), potendo fare a meno dell’uso di mezzi per gli spostamenti casa-lavoro. Al secondo posto (31,7%) fra le motivazioni di felicità c’è il poter gestire in autonomia i tempi da dedicare alle attività professionali e quelli per sé e per i propri affetti. Al terzo posto (27,6%) troviamo il poter beneficiare di pranzi e colazioni più distese e non con la solita fretta di un tempo, fra brioche infilate nel pc mentre si chiama l’ascensore e si pianificano meeting.

Le soluzioni al malumore al lavoro e il work family balance

Negli ultimi due anni, complice la delicata situazione del contesto pandemico in cui viviamo, la vita personale e quella professionale hanno visto per molti un netto cambiamento e una profonda osmosi a causa della limitata separazione dei due piani. Nonostante questo, per il 51% degli intervistati, i turbamenti rimangono confinati nella loro origine: un problema personale non intacca le attività professionali e viceversa. Per il 42,7% è complesso, ma un taglio netto è fondamentale, mentre solo il 6,5% non riesce a staccare i due aspetti.

In concreto, quando il buonumore manca, i lavoratori reagiscono una sorta di “chiodo schiaccia chiodo”, perché se è nel business la fonte di afflizione, allora è lì che si trova uno sfogo: quando sono tristi, le persone si buttano a capofitto nel lavoro per cercare di mantenere la mente occupata (37,3%). I più estremi si rinchiudono in se stessi per non portare malumore fra i colleghi (29,4%), mentre altri ancora si affidano proprio al supporto di colleghi (20%), oramai diventati amici per superare i momenti difficili. Una piccola parte, infine, (13,9%) si muove attivamente per organizzare un’attività extra lavorativa e avere un pensiero felice per affrontare con grinta la giornata lavorativa.

Se la tristezza domina la nostra giornata lavorativa, dobbiamo però cercare di essere costruttivi e cambiare la situazione: potendo scegliere, quali sarebbero i migliori rimedi secondo i professionisti? Da quanto emerso dall’indagine InfoJobs, per il 34% del campione, la formazione riveste un ruolo fondamentale per combattere la tristezza al lavoro: largo quindi ai corsi promossi dall’azienda, per imparare cose nuove e per confrontarsi con i colleghi. Le condizioni lavorative e il rispetto delle stesse sono una fonte di benessere (32,4%), così come (27,4%) un ambiente più rilassato e meno gerarchico, cui fa seguito un percorso di carriera chiaro o una promozione (23%). Fra le curiosità? Beh… un nuovo capo sarebbe fonte di felicità per un limitato – seppur deciso – 5,1%.

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