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SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | Siamo porcospini o caporali?

Facendo seguito all’ultima “scheggia” devo leggere su “Sette” del “Corsera” che a Giove, in Umbria, Comune di 2.000 abitanti, opera un maestro delle elementari famoso tra i pedagogisti innovativi e di solida valentia. Sarò un po’ miope ma non ne sapevo niente. Dov’è il giornalismo di scavo e d’inchiesta che consuma le suole delle scarpe? Dove sono i cronisti alla Carlo Vittorio Bianchi, Marcello Monacelli, Tertulliano Marzani, Italo Moretti, Lamberto Sposini? Muovete i glutei giovani cronisti e croniste. Dimostrate che oltre a saperli leggere gli articoli li sapete anche scrivere. Fine della reprimenda.

Mi sa che un giorno o l’altro lo vado a trovare il maestro Franco Lorenzoni da Giove. Poiché ho esaurito le munizioni e non so andare avanti, siccome la memoria è il mio bene più sacro, e le letture d’antan le sue fide scudiere, ho trovato in un opuscolo dimenticato e dalla fragile copertina mancante – non c’è piacere più eccitante di quello di frugare tra le scartoffie – un brano che parla del dilemma del porcospino, una favoletta del grande filosofo Arthur Schopenhauer scritta a dimostrare le giuste distanze nelle relazioni famigliari o sociali o politiche. 

«Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal restare assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi l’un dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò nuovamente a stare accanto, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata e giusta distanza reciproca, per loro la posizione ideale». A me pare perfetta e attuale, e a voi? Chi lo sa se la conosce il signor Putin. O Moni Ovadia o Michele Santoro.

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