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Giovedì, 25 Aprile 2024
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SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | Una domenica qualsiasi... tra la sofferenza per il Toro e l'attualità di Seneca

Prendi domenica scorsa. Sono andato a Messa. Qualche lettore penserà o dirà: ecchissene! Non so usare face book (dove pure ho così numerosi amici che vorrebbero intrattenersi me seco), dunque pòffare! ogni tanto potrò approfittare di questo podio o pulpito di parole per raccontare di me ma solo le coeur mis a nu… sono andato a Messa e l’omelia, predicata dal giovane don Luca verteva sull’Avvento e sulla luce che vince le tenebre se fede speranza carità ci investono se non come un ciclone almeno in un possente abbraccio.

Disperdendo come polvere al vento scorie disamori fastidi ugge tristezze… Un cristiano (ma volendo anche un ateo) esce rinfocolato. Vado a pranzo da mia figlia e Pietro mi conforta e consola al solo vederlo. Francesca e Vito jr studiano fuori di casa. La domenica è questo, è anche guardare la partita che gioca la tua squadra del cuore, nel mio caso il Toro perché nel tifo calcistico – moderato dalla ragione – amo soffrire. Il toro avrebbe meritato un pareggio ma la Roma ha ‘rubato’ la vittoria. Per consolarmi mi son messo a leggere La fenomenologia dello Spirito di Georg Wilhelm Friedrich Hegel e Essere e tempo di Martin Heidegger e per chiarire taluni passi ho consultato L’essere e il nulla di Jean-Paul Sartre. 

Vabbè sto celiando ma davvero mi sono messo a leggiucchiare La brevità della vita (De brevitate vitae) di Lucio Anneo Seneca che era il primo di una pila periclitante. Esso è un saggio filosofico breve, un librino di 96 pagine tutto testo latino a fronte compreso ma denso come un frammento di pietra serena. Sabbia e millenni. Apro a caso, lo faccio spesso, e l’occhio destro operato di cataratta che mi fa vedere limpido i colori – ma ha ottuso la lettura ordinandomi gli occhiali all’uopo – casca su un pensiero che mi ricorda taluni politici, complottisti, ladroni, manutengoli e ruffiani. E altra genia compresi i negazionisti duri e impuri.

«Omnium quidem occupatorum condicio misera est, eorum tamen miserrima, qui ne suis quidem laborant occupationibus, ad alienum dormiunt somnum, ad alienum ambulant gradum, amare et odisse, res omnium liberrimas, iubentur» dice il filosofo, e nella traduzione di Gavino Manca: «Se è triste la sorte di tutti coloro che sono travolti dagli impegni, ancor più triste è quella di chi non si occupa degli affari propri, ma regola il sonno su quello altrui, secondo il passo altrui cammina, si lascia guidare persino nei sentimenti più spontanei, come l’amore e l’odio, a comando». 

In realtà «Non exiguum temporis habemus, sed multum perdidimus». Non è che di tempo ne abbiamo poco; ne sprechiamo tanto. E breve è la vita che viviamo davvero. Tutto il resto è tempo. Guardare e gioire se vince e tremare se il Toro perde è tempo sprecato? Non lo so. Io aspetto che vinca. Non si può perdere sempre, no?


 

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