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SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | Quirinale che lotta e che museo delle mummie. I miei candidati tanto non vincono mai...

Enrico Letta, da abile e diplomatico uomo politico, non esente da balbettamenti (ma chi ne è privo?) ha stoppato la candidatura di Silvio Berlusconi al Quirinale (che è la massimissima carica prevista dalla Costituzione repubblicana e antifascista) non opponendo opportunità e moralità ma perché mai salì sul Colle un leader di partito, senza voler sostenere, aggiungo io, che tutti i 12 Presidenti (De Nicola, Einaudi, Gronchi, Segni, Saragat, Leone, Pertini, Cossiga, Scalfaro, Ciampi, Napolitano, Mattarella) siano stati adamantini (ma per la precisione Saragat era il capo dei socialdemocratici usciti dal Psi asservito al Pci).

Giorgia Meloni, cui riconosco improntitudine e spregiudicatezza di donna abilissima in politica ha già spezzato una lancia pro il dominus di Arcore, che secondo me (che non conto un fico secco ma ho le mie idee e le comunico in questo caso non da cronista ma da opinionista sia pure in un corsivo) non merita tanto onore non tanto per la dubbia moralità aziendale e sessuale (il politico ha il doppio di doveri rispetto a un cittadino semplice) ma perché non è, riprendendo la parola cara alla signora Meloni, non è un patriota (se ha un senso invocare questa qualità a chi dovrà rappresentare l’unità della patria con o senza maiuscola). Per non parlare dell’età e degli acciacchi.

Restano i suoi fan-dipendenti e i suoi miliardi. Ma anche una condanna in via definitiva ricevuta non per sosta vietata. Ma di certo gli oltre 1000 grandi elettori, se saranno onesti e non franchi tiratori o ‘comprati’ sapranno darci un Presidente, un Capo dello Stato (e per sette anni) specchiato, super partes, probo come la moglie di Cesare. Su “L’Espresso” ultimo c’è un servizio, a dire il vero scritto (forse capisco sempre meno quel che leggo) in modo confuso, intitolato Quirinal Game come rinvio al serial di successo Squid Game, che cerca di fare il punto, che sarebbe in fine solo l’elenco dei quirinabili, a cominciar da Mario Draghi, al quale non darebbe ribrezzo il Colle anziché ammattirsi da mane a sera con una maggioranza che più bizzarra e litigiosa non si può, retta soprattutto dalla paura delle urne sempre invocate che spazzerebbe i privilegi dei peones che sparirebbero nella bruma del porto sepolto.

Poi elenca Casini, Prodi, Gentiloni, Casellati, Cartabia, Bindi, Franceschini, Amato, Berlusconi (una vignetta di Massimo Bucchi che ho affissa recita lui che arringa: «Il suo paese ha bisogno di te»), Gianni Letta, Moratti, insomma un museo delle cere. Io resto con Rosy Bindi e a seguire Paolo Gentiloni. Ma Prodi lo accoltellarono 101 non prodi ma vili. E così Franco Marini e altri molti. I miei candidati non saranno eletti, lo so. Io talvolta ahimè sono entrato papa e uscito sacrestano, figuriamoci. 

Romain Gary (in esergo a La sconosciuta della Senna di Guillaume Musso che sto leggendo: incipit noiosetto): «Ho vinto molte battaglie, nella mia vita, ma ci ho messo del tempo ad abituarmi all’idea che, a forza di vincere battaglie, si finisce per perdere la guerra». Eleggeranno Silvio Berlusconi.
 

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