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SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | Non bisogna temere la morte. Tra Kierkegaard e Epicuro la filosofia aiuta a vivere meglio

La mia prima plaquette di poesie è stata finita di stampare il 31 maggio 1971 da STE di Foligno che aveva rilevato le antiche glorie del Poligrafico Salvati sito nelle propaggini dei Canapè. Mezzo secolo fa. Ho 35 anni. Chapeau! Seguendo il sangue di mio nonno materno Giuseppe Crescimbeni, Accademia di belle arti alle spalle, che nel 1896 si fa editore (mio nonno omonimo rilegava per diletto libri e era enologo provetto), mi fo editore e così firmo la mia raccoltina di poesie per Nerina L’estate fredda (recensito dal grande Franco Manzoni sul “Corsera”). Il vizio dell’editoria ti prende e non ti lascia e per il primo libriccino curatissimo scelgo come sigla Bianco Luno, l’editrice danese dove Sören Kierkegaard pubblica le sue prime opre. E in epigrafe trascrivo un suo pensiero racimolato non ricordo in quel punto dei tre tomi curati da padre stimmatino Cornelio Fabro (per anni docente nell’Ateneo perugino) per Piemme nel 1995 che lessi a spizzico capendoci ben poco tranne che era un grande filosofo cattolico, morto a 42 anni e autore di migliaia di pagine. 

«La mia esistenza al punto zero, tra il freddo e il caldo, tra la saggezza e la scempiaggine, tra il qualche cosa e il nulla, come un semplice forse». e il titolo del libriccino fu Al punto zero, con sei leggiadri disegni di Luciano Manna. In quel tempo leggevo molto i filosofi, ripeto con scarso costrutto, e ancor più i poeti di ogni epoca e genere e scoprii alla rinfusa che so Emily Dickinson e Fernando Pessoa, Anna Achmatova e Umberto Saba. Ma Kierkegaard lo porto nel cuore pur non essendo un esperto del suo insieme acuminato e romantico pensiero che qualcuno vuole quale genesi dell’esistenzialismo (Giacomo Leopardi, Friedrich Hölderlin, Martin Heidegger, Jean-Paul Sartre, Albert Camus, Emanuele Severino…). 

Beh uno che ti butta là «l’angoscia è la vertigine della libertà» lo guardi brutto, o no? ma se polemizza con quel monumento che è G.F.W. Hegel te la godi perché non esiste l’Uomo ma esistono gli uomini, i singoli individui, con le loro esistenze caotiche e coatte, a volte assurde e prive di una logica. La filosofia diceva Hegel «non ha altra intenzione che sopprimere l’accidentale», ok, ma il reale non è razionale e il razionale non è reale, ribaltando il distico al centro della filosofia hegeliana. Non è che ho le idee chiare, anzi ne ho poche ma confuse, come confidò una mattina scorato Mino a Maccari a Ennio Flaiano. L’amico Sören ci dice che nell’uomo l’esistenza viene prima dell’essenza, noi non siamo, esistiamo. Ma la libertà ha i suo prezzo, i suoi prezzi e la vita non fa sconti. 

Intanto la libertà fa paura; l’angoscia insomma, lo abbiamo detto, ne è la vertigine. Allora io mi rifugerei, se potessi, nel giardino della felicità predicato da Epicuro, tenendo a mente che della nostra sorella morte corporale non s’ha da aver timore perché ci dice
lui che «quando io vivo, la morte non c’è, quando lei c’è, non ci sono io». Elementare, Watson! Buon Natale. Sereno 2022

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