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Venerdì, 19 Aprile 2024
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SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | Mai sprecare il tempo: quanti esempi negativi nella letteratura. "Desiderate tutto come immortali"

Nicola Bossi, il direttore di “Perugia Today“, oggi 29 agosto, mi scrive: «non mi è arrivato nulla da giorni, tutto ok?». Tutto ok caro Nicola.[ok è universale come il nostro ciao]. È che ho avuto un po’ da fare e da dire. Fra “Isola del Libro”, “Ciak Bevagna” e “Migrazione/Migration Seattle-Perugia” – vernice il 2 settembre ore 18 a Palazzo della Penna – ho speso bene in questa metà del 2022 quei pochi talenti che mi furono messi sotto la lingua alla nascita. A 87 anni se tiro una linea di totale posso ar-dire di essere abbastanza contento. Di tempo, come no!, ne ho sprecato assai anche io durante la mia lunga vita, io che sono iperattivo e oi nda bopietre nel mio studio sei foltissimi scaffali sono pieni di decine e decine di tomi e libri dove c’è il mio zampino o la zampata, per non dire delle migliaia di articoli. Eppure, come ci insegna ne “La brevità della vita” Lucio Anneo Seneca, «troppi sono tirchi nell’amministrare il patrimonio, ma prodighi nel gettar via il proprio tempo, la sola cosa per cui l’essere avari farebbe onore». 

Sprecare quella cosa preziosa che è il tempo, che nessuno è riuscito a definire, – né poeti filosofi scienziati [forse un po’ Albert Einstein]– è davvero da animali o da pietre. Poiché il mondo è tutto ciò che accade, tutto è letteratura e tutto il mondo finisce in un libro e la parola è la casa dell’essere, poltrire è un po’ morire e il cane pigro e dormiglione se lo mangiano le pulci. Allora sul tema mi dilungo un po’ su due fenomenali invenzioni narrative, dovute a due grandi romanzieri: Ivan Gončarov e Hermann Melville (“Moby Dick”). Del primo è il celebre romanzo “Oblomov” (1859), da cui ‘oblomovismo’, l’atteggiamento di totale inattività verso tutto e tutti. Una vita sdraiati sul divano che ricorda l’ Andy Capp di Reg Smithe. Oblomov non si occupa della sua tenuta di 350 anime (ai tempi della servitù della gleba in Russia i contadini erano merce (vedi “Le anime morte” di Nikolaj Gogo’l), venduti fra proprietari terrieri come schiavi, si fa truffare da falsi amici, inerte, smorto, protagonista di patologiche indecisioni. 

Oblomov finirà i suoi giorni come uno spento marito e inerme genitore. Ben più irritante, tragico, incomprensibile se non ai limiti dell’indagine psichiatrica, il celeberrimo racconto lungo “Bartleby lo scrivano” (1853) di Melville, la storia davvero inquietante del giovanotto che svolge – male - il lavoro di impiegato in uno studio legale e non va oltre la copiatura dei documenti, rispondendo a qualsiasi richiesta anche minima con il perentorio mantra «I would prefer non to» ossia «preferirei di no», ossessivo, reiterato, incrollabile, fino a morire di inedia (preferirei di non mangiare) in un manicomio. 

La pigrizia è brutta, da scolaro a docente, da impiegato a dirigente a usciere, da Astrofisico a spazzino, da medico a giudice, da scrittore a pittore e così via e così via. È una barbara fuga dalla realtà e dalla responsabilità, quel che accade di brutto e negativo è colpa dell’altro e quello di buono e giusto è merito nostro. Esorta Seneca: «Omnia tamquam mortales timetis, omnia tamquam immortales concupiscit». Temete tutto come mortali, ma desiderate tutto come immortali». Wow!
 

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