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Schegge di Antonio Carlo Ponti | La vita è un viaggio o una fermata?

Messa così la domanda la risposta non può che concernere la seconda parte. O meglio essa è un passaggio più o meno lungo, più o meno felice, fra la nascita e la morte; sotto forma di svolgimento del tempo che tutti sembrano sapere che cosa sia ma va un po’ a spiegarlo diceva sant’Agostino. Pensieri banali, ok, ma pensieri, sempre meglio averne che è una tautologia. Ma anche uno che vive il tempo libero o liberato seduto su di una panchina forse pensa, di certo non alla morte prossima se è vecchio, il giovane no si beve a gola spiegata le sue belle sorsate di giornata. Sono fresco reduce da un breve viaggio e le poche ore trascorse sul Frecciarossa (amiamo la velocità come i Futuristi d’antan) uno le passa a leggere carta stampata (libro e… giornale), il caso mio o davanti a uno schermo luminoso e rapinoso.

Però rispetto la tecnologia io e ammiro la rapidità in tempo reale che mi fa colloquiare con Chiara Bussini, antropologa che vive in Australia della quale seguo la preparazione di un bel libro di poesie, che uscirà nella vecchia artritica Italia. Chiara dopo un secondo non riceve le mie parole che hanno attraversato in un secondo che ne so, diecimila chilometri? Lo avrebbero potuto immaginare Tasman o Cook che le permettono di stare in quel continente? Il viaggio quindi è dentro l’umano, lo sapeva Ulisse quando girovagò per dieci anni a sanare l’indomita sete di virtute e canoscenza, e Bruce Chatwin in Patagonia e perfino Xavier de Maistre quando agli arresti domiciliari per un duello si mise a viaggiare per 42 giorni autour de la chambre lunga 36 passi per lato. Un lockdown datato 1794. Una fermata alla stazione del tempo.

Eppure, se il viaggio, il movimento, le ferie, le vacanze, le esplorazioni alla Orazio Antinori nell’Africa nera dove morì, fan parte dell’esperienza, anzi l’arricchiscono, la rendono meno scialba o pedestre, non è un viaggio, sia pure verso Dio, anche il silenzio del trappista: dalla cella alla cappella, dal refettorio al chiostro, dall’orto allo scrittoio tutti i giorni che il medesimo Dio che prega incessantemente manda sulla terra come pioggia sul campo? Il viaggio, specie per un sedentario nato, è paura e sfida, timore e tremore, tutto per lui e incognito, i leoni ci sono dappertutto, albergano la crosta terrestre, ma la rara trasferta è portatrice di luce, è stupore, è scoperta.

Una calibrata miscela di sosta e viaggio è, udite udite, il colmo del vivere felice. «Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. La fine del viaggio è solo l’inizio di un altro. È necessario tornare sui passi già fatti, per ripeterli e per tracciarvi accanto nuovi cammini. È necessario ricominciare il viaggio, sempre. Il viaggiatore torna subito. Così è. Così sia». Così Josè Saramago a pagina 82 de L’ultimo quaderno. Ultimo suo libro. La vettura al capolinea.

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