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SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | Amor di camposanto e di nomi strani

Come ho scritto altre volte – repetita iuvant – amo i camposanti, luoghi sacri dove i corpi e le ceneri e le memorie riposano in pace. Il cimitero di Bevagna va da sé lo conosco in ogni sua piega e potrei disegnarne a memoria la pianta segnando in un buon 50% dove sono ubicate tombe e cappelle. Ciò grazie a Nerina che mi convertì al culto dei morti, non solo avi ma in generale. Lassù, il nostro cimitero è in lieve altura, c’è la nostra storia. Diceva. Ma un’altra ben più banale ragione mi vincola a questa distesa di croci e di pietre, di piantine e di fiori, di lampadine accese (ditta Menestò) e di moccoli, per lo più spenti, e di ritratti e di iscrizioni nei più variegati font, spesso ai limiti dell’obbrobrio grafico, e non mancano gremiti altarini ricolmi dei più variegati ninnoli e colonnine, simboli calcistici angioletti oranti, che la bonomia di Marcello Baiocco e dell’amministrazione giustamente tollera. 

Il lutto si celebra o si elabora anche così. Ho perso il filo e lo ritrovo: e lapidi elencano centinaia di nomi di battesimo fuori dal “Martirologio Romano”, e dalla consuetudine della tradizione. No, nomi propri che uno o una si porterà attaccati per tutta la vita, nomi storici, mitologici, letterari, geografici, politici eccetera. Fin da ragazzino con mamma Edvige e Carla mia sorella quando si andava a trovare i morti, non troppo di frequente anche per via della strada, due chilometri e più di strada bianca, da fare a piedi, fin da allora m’incuriosivano i nomi strani che mi facevano perfino ridere. 

Cresciuto in età ne scrissi sul “Corriere dell’Umbria” e poi, per completare vieppiù l’elenco, mi recai svariate volte con taccuino e biro a copiare i nomi insoliti tomba per tomba, a uno a uno, con metodo, con percorsi intelligenti, credo non lasciandone alcuno. Poi, con Antonio Lanari, compilammo un bel libretto, di un centinaio di pagine, che fu stampato nel giugno 2012, con gentili contributi della poetessa Ombretta Ciurnelli e dei prof Attilio Bartoli Langeli e Roberto Segatori. 

Non pago, elencammo anche i soprannomi, i nomignoli, quei tributi il più delle volte dovuti alla crudeltà dei concittadini, marchi infamanti che una volta entrati nell’uso perdono forza. L’altro giorno, mentre portavo fiori e nostalgia, m’imbattei in un nome di donna che non mi sembrò registrato nel libro (“Mevaniae Nomina da Abele a Zopiro. Nomi strani e soprannomi di Bevagna”) e riandai a ritroso di dieci anni (alla mia età una gran fetta di vita), fatto cui dedico questa ennesima scheggia che scrivere mi dà piacere e conforto. 

Il nome era “Gralina” e ci avrei scommesso che l’avevo saltato nei precedenti sopralluoghi. Invece nel libro c’è, e questo non se mi abbia dato gioia o rabbia. Ma una delle mie lettrici, uno dei miei lettori, non potrebbero domandarsi: ma chi se ne…Ma sì, bravi, brave, ma non amate i camposanti e i nomi di persona? Ma non vi pare che vi perdete un pezzettino di vita? Ma non c’è solo Sanremo, dài!

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