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SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | Filosofeggiare pallido e assorto lungo un rovente muro d’orto…

In quarta di copertina del mio primo libriccino di poesie “La metà del nulla” – del 1971! – scrivevo che avrei voluto essere oceanografo o cibernetico o saltimbanco. Non un poeta. Non un filosofo; al classico studiavo la filosofia con nonchalance e ben poco dentro m’è rimasto. Però tuttora mi affascina e ne leggo ma con scarso profitto perché la memoria se n’è ghiuta come disse lo stalinista, ma democratico leale Costituente, Palmiro Togliatti, di Elio Vittorini quando lasciò il pci, aggiungendo lo sfottò: «e soli ci ha lasciato». Dunque, da un po’ mi arrovella la compresenza del «dubito, ergo sum» di sant’Agostino e il «cogito, ergo sum» di Cartesio. 

Se penso mi riconosco essere pensante e esistente, non un bruto senza consapevolezza. Se dubito resisto al soggiacere cieco a un desiderio di verità non conclamata ma bevuta d’un sorso. E questo desiderio di verità al plurale è brutalizzato dalla disinformazione, il falso elevato a idolo e a totem, su terreni minati dove il dubbio, stavolta materiale e vile, s’inabissa nell’indeterminato, nel caos e nella babele dei linguaggi. Senza verità prevale la violenza, senza pensiero prevale la pazzia, senza dubbio prevale la tirannide. Senza ragione nascono soltanto mostri. 

Ragionamenti peregrini e inesatti, questi, un po’ sgangherati perché privi di sostanza, di metodo e di disciplina, e svincolati dalla speculazione raffinata e dall’acribia della severa ricerca teoretica. Tuttavia li considero queste nuvole, questi coriandoli, queste gocce un viatico per sentirsi vivi, presenti a sé stessi, vigilanti, custodi di valori, viaggiatori con bussola e bordone, pellegrini sulla terra, senza certezze ma ricchi di molte speranze. Vivo, dunque penso. Credo, dunque amo. Voilà!
 

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