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LIBERO PENSIERO Fontivegge, il declino e le mosse sbagliate

Intervista con Michele Chiuini: le ragioni di un disastro

Fontivegge: un fallimento declinato in quattro mosse. Tutte sbagliate. Intervista con Michele Chiuini. Che spiega le ragioni di un disastro. Annunciato e… verificato.

Parla l’architetto Michele Chiuini, laureato in Ingegneria civile al Politecnico di Milano, Master in architettura dell’Università di Sheffield, Professore emerito di architettura della Ball State University, Indiana, USA.

È tutto sbagliato, tutto da rifare, avrebbe detto il “Ginaccio” Bartali. Ma le cose stanno proprio così. Almeno a sentire le documentate motivazioni, messe in campo con precisione e rigore argomentativo.

Caro Michele, partiamo dalla necessità di fare il punto.

“Sono passati più di cinquant’anni dal concorso internazionale di architettura per il centro direzionale di Fontivegge, vinto da un gruppo giapponese. Decorsi oltre quarant’anni dall’incarico di progettazione ad Aldo Rossi. È ora di riaprire la riflessione sul che fare. Non solo per sanare i problemi irrisolti del complesso di Rossi, ma anche per ragionare su come affrontare la questione urbanistica nella sua complessità”.

Dunque, Michele, innanzitutto esaminare le criticità.

“Certamente. Prima di decidere su come procedere, è necessario capire che cosa non ha funzionato”.

Spiegacelo tu!

“Il progetto di Rossi conteneva quattro madornali errori urbanistici e architettonici che ne hanno determinato il fallimento. Senza capire cose c’è di errato, non si può arrivare a un progetto per il completamento e la ristrutturazione del complesso e della zona al suo contorno”.

Cominciamo dal primo, di errori.

La strada. “Se immaginiamo gli edifici come persone, con un davanti e un didietro, la faccia e la schiena, sul didietro non ci sono occhi. Se voltiamo la schiena a qualcuno che incontriamo, non facciamo un gesto amichevole, ma segnaliamo un rigetto, un’indifferenza”.

Spiegati con qualche esempio.

“Gli edifici di Aldo Rossi, a Fontivegge, voltano le spalle alla strada: voltano la schiena a via Mario Angeloni, con il risultato di devitalizzarla. Volgere la schiena degli edifici significa collocare le funzioni di servizio (garage, raccolta rifiuti, scale, ascensori, bagni) sul lato strada e le attività sociali (negozi, ingressi delle abitazioni, vani abitabili, balconi) all’interno dell’isolato”.

Con quali nefaste conseguenze?

“La strada senza attività sociali viene desertificata, e inizia un circolo vizioso: la mancanza di sorveglianza invita al crimine, il crimine scoraggia il traffico pedonale, facilitando così le attività illecite o semplicemente incivili. E così è stato”.

In pratica, un cattivo pensiero e una pessima realizzazione?

“Questa morfologia urbana era stata teorizzata come corollario della separazione tra traffico veicolare e pedonale all’inizio del Novecento, ma, in seguito ai risultati negativi delle sue applicazioni, la strada tradizionale ha goduto di una rivalutazione”.

Insomma, Rossi si sarebbe rifatto a un modello superato dalle circostanze?

“Proprio così. Purtroppo, a Fontivegge Rossi si è conformato a un modello obsoleto e negativo”.
Cosa pensi del Broletto?

“Dall’altro lato, a ovest, il Broletto è costruito sopra la via Cortonese, creando uno spazio che è tra i peggiori che si possano pensare in una città: un tunnel veicolare, buio e sporco, che ha l’unico scopo di smaltire un traffico veicolare intenso, creando una barriera per i pedoni”.

Insomma, un corpo isolato dagli arti?

“Tutto il complesso è un’isola affogata nel traffico, che contribuisce alla sua inaccessibilità e alla sua scarsa fruizione, quindi creando le premesse per l’insorgere della criminalità” [La prossima parte riguarderà la piazza].

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