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L'INDISCRETO di Maurizio Ronconi | La scuola di Giorgia

Era il 1995 quando Gianfranco Fini convocò  a Fiuggi l'ultimo congresso del MSI e immediatamente di seguito il primo congresso, costituente, di Alleanza Nazionale. La destra post fascista voleva trasformarsi in destra europea.

Da allora Gianfranco Fini iniziò un lungo cammino in realtà, auspice Berlusconi, bisogna dirlo, iniziato già due anni prima con la sua candidatura a sindaco di Roma e con lo sdoganamento politico del MSI fino ad allora schivato dal sistema politico perché riconosciuto erede del fascismo.

Fini, oggi all'indice soprattutto da parte dei suoi ex compagni di partito, con coraggio e determinazione volle chiudere, meglio socchiudere, una pagina vergognosa, quella del fascismo e della sua nostalgia, per trasformare il suo partito in europeista sia pure conservatore. Non fu una scelta facile perché i tempi erano diversi da quelli di oggi e la nostalgia di quello che era stato incombeva ancora forte e non pochi i politici ancora in quel partito con radici schiettamente ed indubitabilmente fasciste.

Fini divenne un leader del centro destra con una autorevolezza seconda solo a quella di Berlusconi, ministro degli esteri e Presidente della Camera. Tra l'altro  a suggellare il conquistato neo europeismo, vice Presidente della Commissione Europea incaricata alla stesura, poi abortita, della Carta Costituzionale Europea.

Un lungo cammino, che affrancò Fini e Alleanza nazionale da un passato almeno ingombrante, fatto anche di collaborazioni, di uomini, di tecnici di valore che solo per i loro curriculum e non certo per le loro ascendenze politiche furono chiamati a dirette e prestigiose collaborazioni. In altre parole Fini riuscì con i fatti a guadagnare una credibilità ed autorevolezza che difficilmente avrebbe raggiunto se fosse rimasto chiuso nel fortino della nostalgia della destra sociale post fascista. Scelse invece la sponda liberale.

Oggi, mutate le condizioni, gli uomini, i rapporti di forza, sembrerebbe che Giorgia Meloni, dai più pronosticata trionfatrice delle elezioni e nuova Presidente del Consiglio, voglia seguire la strada, le indicazioni del suo mèntore Gianfranco e più che dalla sua truppa, alcuni ma non tutti, rivolti ancora al passato che non c'è più, immagini collaborazioni future, anche ministeriali, di tecnici di grande livello ed autorevolezza, rispettati anche in Europa.

Un segno di capacità e di intelligenza da parte della Meloni perché quando si vince, soprattutto e si va a governare per la prima volta come partito guida, la voglia di rivalse, piccole vendette è forte quanto esiziale. Saper sfuggire a queste lusinghe che ci sono e ancor più verranno darà il segno delle capacità di Giorgia che intanto fa suoi gli insegnamenti di quel Gianfranco Fini che la volle, giovanissima, in Parlamento e subito, sfidando i suoi colonnelli di allora, vice Presidente della Camera.

La consapevolezza d'essere stato un buon maestro non solleverà di certo Fini dalle malinconie di quello che è stato e non è più ma rendergli onore da chi oggi vede le vicende da fuori, è doveroso.

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