L'INDISCRETO di Maurizio Ronconi | Il centro destra rimane sulle percentuali di chiara maggioranza politica, ma cambiano i gestori...
Sono due settimane che l’Italia, anche l’Umbria, ha votato e poche, nulle in Umbria, le analisi del voto. Eppure si è trattato di un nuovo cataclisma dopo quelle del 2018 e seguìto da quello delle scorse regionali. Ma i partiti in larga parte non ci sono più ed attendersi puntuali e rigorose analisi del voto è probabilmente troppo.
Un cataclisma, uno tsunami, lo si chiami come si vuole, ma il voto offre un panorama politico stravolto come era impossibile immaginare anni fa. Se qualcuno nell’Umbria dei Conti, Mandarini, dei Marri, avesse immaginato un partito di destra oggi europea ma fino a ieri perfino post fascista, maggioranza nella rossissima Umbria, sarebbe stato catalogato non solo come visionario ma perfino da trattamento sanitario obbligato. Eppure oggi questo è.
Se il voto alla Lega già nel 2018 e ancor più alle regionali, apparve, come il voto al M5S, un chiaro intento di silenziosa ma anche massiccia protesta nei confronti di un sempiterno, sino ad allora, potere assoluto e clientelare della sinistra, quello dei giorni scorsi conferma l’inaffidabilità, per molti umbri di una sinistra che non riesce più ad accreditarsi come forza governo ancorata com’è, pur con qualche flebilissimo segno di ripresa, ai minimi storici e lontanissima dall’insidiare il centro destra ma soprattutto indica una rivoluzione nel centro destra. Se il centro destra rimane sulle percentuali di chiara maggioranza politica in regione, gli architravi della stessa sono completamente cambiati.
Fratelli d’Italia con un exploit che non ha precedenti né in Italia né in Umbria passa dal 5% delle scorse politiche al 30%, la Lega, inversamente, accusa non uno scivolone ma precipita da partito di maggioranza relativa, articolato in tutta la regione con sindaci, assessori, amministratori, ad un 7% , con una decimazione
dei parlamentari, che la classifica tra i partiti residuali. E l’assenza di una schietta e sincera autocritica, che è clamorosamente mancata, segna la gravità di una crisi che rischia di assomigliare ad un percorso di estinzione.
Forza Italia conferma il declino e i toni trionfalistici che hanno accompagnato il risultato sembrano come quelli che accompagnano crisi di identità e di voti. Forza Italia è ormai un partito, se così vogliamo definirlo, di testimonianza a cui spetta al massimo un diritto di tribuna più per la sua storia che per i voti di oggi. In definitiva il risultato elettorale in Umbria, se si eccettuano un forse poco utile zoccolo duro del M5S e gli incoraggianti numeri ottenuti da Calenda and company che comunque dovranno risolvere anche in Umbria qualche questione, qualche contraddizione, qualche rancore di troppo che li porta ad incalzare prevalentemente il PD, ha ridisegnato completamente il centro destra dove c’è un partito, FdL, dominus incontrastato ed assoluto con una coroncina di partiti che insieme non fanno la metà di FdL.
D’improvviso dunque la maggioranza di centro destra che governa l’Umbria appare ormai come un residuato di un’era politica che non c’è più, completamente squilibrata e non più rappresentativa del voto degli umbri. Da tutto questo due conclusioni. La Giunta regionale, per il rispetto che si deve verso gli elettori che chiaramente hanno indicato in Fratelli d’Italia il partito di gran lunga di maggioranza relativa, deve subire non un semplice restyling ma un intervento di ristrutturazione da 110%, profondo, incisivo, visibile. Se così non fosse la credibilità dei partiti, tutti, del centro destra, incomincerebbe di nuovo ad incrinarsi e la parabola che è stata della Lega potrebbe investire tutta intera la brigata, senza eccezioni. La seconda questione riguarda le nuove e straordinarie responsabilità di FdL.
Il 35% e rotti ottenuto, risultato non tanto straordinario ma perfino incredibile, non raccoglie evidentemente solo nostalgici, post fascisti o pericolosi estremisti di destra, ma un popolo, che in passato, almeno in Umbria, ha votato anche Pd e forse anche oltre, di certo Lega e Forza Italia, fatto di benpensanti, moderati ma anche arrabbiati verso una politica e politici che giudicano inconcludenti e in qualche caso anche incapaci. E’ un popolo che vuole un cambiamento e il difficile sarà capire quale cambiamento perché le aspirazioni e le attese sono diverse e spesso anche difficilmente conciliabili. Un compito da far tremare i polsi considerando anche una opposizione agguerrita e una competizione tra alleati sempre viva e alla ricerca di visibilità e rivincite. Servirà un miracolo, anzi, più miracoli e se Giorgia Meloni riuscirà, da leader politica passerà tra le schiere dei santi, almeno di quelli laici.