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L'INDISCRETO di Maurizio Ronconi | Corsa al Quirinale: ecco perchè Draghi è avanti, dietro Mattarella e un presidente donna al 5%

E’ iniziata la grande corsa, verso il Colle. L’eletto sarà per sette anni Presidente della Repubblica, l’Arbitro dell’Italia, colui che, nel rispetto della Costituzione, darà le carte, nominerà i Presidenti del Consiglio, scioglierà le Camere, a capo della magistratura ed anche dell’esercito. Alla faccia di quelli che dicono che in Italia il Presidente della Repubblica conta poco. Il toto nomi impazza e, almeno così è avvenuto in passato, nessuno azzeccherà chi taglierà l’ambito traguardo. Per gioco, ma non tanto, da chi ha un pizzico di esperienza politica e che oggi non ha più nessun ruolo e dunque non porterà pena, provo a proporre una rosa di nomi di papabili con le rispettive possibilità di vittoria.

Mario Draghi: possibilità di elezione al 60%.
Grande favorito come mai lo è stato nessuno. Ora qualcuno vorrebbe insinuare che il dovere di “SuperMario” dovrebbe essere quello di continuare a fare il Presidente del Consiglio perché bravo, autorevole, credibile ed ascoltato in Europa. Vero, ma sarebbe la prima volta che un uomo delle Istituzioni troverebbe la via sbarrata per il Quirinale solo perché troppo bravo e capace, come se il Presidente della Repubblica non conti e comunque il ruolo non richieda una presenza eccellente ,anzi, del “migliore”. Dal Quirinale avrebbe comunque gli strumenti necessari per continuare ad indirizzare la politica del governo. Una mancata elezione di Draghi al Quirinale indebolirebbe notevolmente il suo ruolo di Presidente del Consiglio e lo esporrebbe alle turbolenze politiche dell’ultimo anno di legislatura. Difficile immaginare che lo stesso Draghi possa gradire una situazione di questo genere. Confermo, favoritissimo.

Sergio Mattarella: possibilità di elezione al 30%
E’ vero che ha confermato, seppur pacatamente come è sua abitudine, “urbi et orbi”, la volontà di tornare a casa, di non essere rieletto, ma due sono le questioni dirimenti. La prima, come Mattarella “motu proprio” poteva di primo acchitto confermare la sua disponibilità ad una sia pure “pro tempore” rielezione rappresentando la stessa una evenienza senza precedenti, con la sola eccezione, per altro recente, della rielezione di Giorgio Napolitano. Spetterebbe invece ai partiti, a larghissima maggioranza, proprio come
avvenne con Napolitano, vista la contingenza politica, economica financo pandemica, ovvero la straordinarietà delle cose, riproporne l’elezione. La seconda questione che depone per la riconferma di Mattarella è la logica strettamente legata alla permanenza di Draghi a Palazzo Chigi. Non si comprenderebbe perché ”superMario” dovrebbe rimanere lì dov’è per garantire la ripresa economica, i
rapporti con l’Europa, offrire un segnale rassicurante nella lotta alla pandemia nel momento in cui la quarta ondata infetta milioni di italiani e Mattarella invece liberato da orpelli presidenziali per sedersi nel prestigioso ma meno impegnativo seggio a vita di Palazzo Madama (Senato). E poi la riconferma di Mattarella sarebbe l’unica soluzione accettabile per lo stesso Draghi. Una coppia per il momento inscindibile, un tandem gradito agli italiani e di cui hanno ancora maledettamente bisogno. Volenti o no il destino dei due è al momento fortemente intrecciato. Dopo i due campioni rimane poco.

Assegnerei un 5% ad una donna: nell’ordine di presunto favore, Cartabia e Moratti
Ormai in molti auspicano una donna al Quirinale come se il genere fosse prevalente rispetto alle capacità. Le due signore tuttavia avrebbero tutte le capacità per assolvere in modo prestigioso alle incombenze e alle responsabilità di Presidente della Repubblica e forse la Cartabia come costituzionalista avrebbe qualche sensibilità in più, la Moratti una predisposizione al sociale ampiamente sperimentata. Due donne che darebbero di certo lustro e autorevolezza al Paese. Un altro 5% se lo spartiscono alla pari, Giuliano Amato e Pierferdinando Casini.

Insomma, non che la politica, quella vera, visti i tempi, debba ancora abdicare, nascondersi, anzi peggio, camuffarsi per colpe che non ha o, al massimo, ha ampiamente espiato. Giuliano Amato, finissimo giurista ma anche assai navigato politico, ha occupato tutti ruoli possibili da occupare, all’Università, in Parlamento, al governo, alla Corte Costituzionale, alla Presidenza del Consiglio. Uomo preparatissimo ha come punti deboli, in un Paese culturalmente impoverito, la straordinaria raffinatezza culturale e giuridica che lo rendono un interlocutore difficile per molti dei politici di oggi ed anche i suoi antichi trascorsi socialcraxiani ancor oggi malvisti da molti parvenu della politica.

E poi per ultimo, ma non ultimo, Pierferdinando Casini, ancora non vecchio ma testimone più longevo dell’attuale vita parlamentare, con una esperienza maturata di Presidente della Camera svolta egregiamente e a detta dei più con piglio assai equilibrato. Non pochi rimproverano a Pierferdinando una consumata predisposizione a solcare le acque della politica con un pizzico di spregiudicatezza ma se così non fosse stato non avrebbe superato le turbolenze che portarono dalla prima alla seconda Repubblica e dalla seconda a quello che c’è oggi. Sarebbe un ottimo Presidente. Su questo nessun dubbio. Questa, a mio avviso, è la rosa dei candidati intorno ai quali il Parlamento e i grandi elettori regionali si confronteranno, probabilmente si scontreranno anche, secondo tradizione, affileranno le armi i franchi tiratori ben consapevoli che questo appuntamento settennale è l’occasione imperdibile per dare sfogo, nell’anonimato, alle loro ambizioni e ancor più alle loro frustrazioni. Dimenticavo Berlusconi. I compagni di partito, gli amici lo avrebbero dovuto consigliare diversamente, a vivere la vicenda in modo più autorevole e non invece un po' penoso. Vedremo quello che sarà, importante scegliere con consapevolezza e per il bene dell’Italia.

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