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L'INDISCRETO di Maurizio Ronconi | Il caso Bandecchi: il centrodestra ko, il conflitto di interesse e il futuro di Terni

Dopo una consultazione elettorale meglio attendere qualche giorno prima di esprimere valutazioni e giudizi, meglio indugiare ad indicare vinti e vincitori, meglio non stabilire d’acchito scenari ed evoluzioni. Dopo qualche giorno tutto può cambiare e quello che immediatamente appariva scontato potrebbe non
esserlo più. Ma ormai è chiaro. Il centro destra ha vinto, la sinistra, divisa, frammentata, inconcludente e confusionaria, ha perso. Questo appariva la sera dello spoglio ma ora dopo una settimana non ci sono più dubbi. Nel quadro complessivo dei risultati il capitombolo del centro destra a Terni appare assai grave. Questo schieramento, il centro destra, vince, una tendenza positiva ovunque, meno che a Terni dove aveva un sindaco e dove cinque anni fa tra squilli di trombe e fanfare era asceso trionfalmente al primo piano di Palazzo Spada sino ad allora conquistato, decenni addietro, solo dal liberale Ciaurro. Oggi scende, anzi, precipita rovinosamente. E solo per responsabilità proprie non di certo per una opposizione ficcante, determinata, organizzata e propositiva che non c’è stata. Una caduta che lascerà segni indelebili sui partiti e sugli uomini.

Ma la conseguenza più grave è quella di una classe dirigente del centro destra umbro e ternano che in modo a dir poco improvvido è riuscita nell’impresa di incoraggiare una alternativa possibile al governo regionale ed anche locale dell’Umbria, ha indicato chi potrà essere il suo boia. Non il consunto schema dell’alternanza con la sinistra, troppo vecchia, che fatica a riconquistare credibilità, che non si è ripresa da cinquanta anni di dominio assoluto, che non riesce a far battere di nuovo i cuori pure ancora rossi di tanti umbri, ma un centrofarlocco, populista, non popolare, di rito pallonaro. Alla faccia delle tradizioni, della cultura, della “umbritudine”, come direbbe il mio amico Giovanni Picuti, del nostro popolo. Con il rischio di una contaminazione dell’Umbria in senso populista, ribellista, separatista.

Questa è la responsabilità più grande, quella imperdonabile del centro destra dell’Umbria. Senza togliere nulla a Bandecchi che ha fatto la sua battaglia, ha espresso i suoi progetti ed idee. Ma le gambe per correre di sicuro a Bandecchi sono state offerte da una destra che ha voluto far scorrere un film che solo un anno fa già vedemmo a Spoleto dove sempre i soliti vollero affossare una giunta di destra per consegnare il comune ad una sinistra che aveva avuto solo il merito di attendere sulla sponda, si fa per dire, del Marroggia. Non sono da attendersi rese dei conti perché in politica il continuismo, non la continuità, è il frutto di una congiuntura politica a dir poco negativa, dove i talenti e le capacità latitano. In uno scenario apocalittico per il centro destra, increduli, leggiamo della volontà di ricandidature apicali, di riconferme di Giunte praticamente monocolori anche quando il colore di riferimento non si è soltanto sbiadito ma semplicemente non c’è più. Ormai siamo al sbeffeggio degli elettori che in ricorrenti occasioni hanno manifestato volontà assai diverse, si sono discostati da uno stravagante progetto politico che voleva essere alternativo ma è stato solo inconsistente.

Eccolo il male non più tanto oscuro del centro destra umbro. Non sa più ascoltare, capire ed interpretare le attese dei cittadini non ha capito che in questo tempo gli elettori non appartengono più a nessuno ma vanno e vengono con assoluta disinvoltura e libertà tanto da far vincere a Terni un imprenditore di certo bravo e capace ma che non è stato neppure avvertito che in politica e soprattutto in quella amministrativa i doppi ruoli non esistono, le incompatibilità sono ferree e vanno rispettate, che le scorciatoie non esistono e che dunque, forse, a breve, per lui sarà meglio o forse obbligatorio non cambiare mestiere. Questo è il limbo in cui hanno cacciato Terni e l’Umbria. Non sarà facile risolvere il rebus. E la colpa non è da poco perché su un popolo e le sue attese non si può giocare.

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