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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Correva l'anno di Marco Saioni | Perugia 1913, storia di un amore malato al Borgobello. "Ti ammazzo, se non torni con me"

Il toscanaccio, sposato con prole, non accettò la fine del rapporto con la bella amante perugina. Storia di una stalking di 121 anni fa...

Dal finestrino del treno irrompeva il giallo fragrante delle ginestre. Un’altra mezz’ora per la stazione di Perugia poi il tram del desiderio fino a lei. Luigi Grinzi da Pontassieve era da qualche anno assiduo in città. Il motivo era Maria, strepitosa morona del Borgobello, un arsenale di soffici delizie. Passione ricambiata, sebbene in regime di clandestinità, giacché coniugata. Stessa condizione quella di Luigi, del resto, ma col vantaggio della distanza da casa e una valigia di alibi preconfezionati da tirar fuori all’occorrenza. Viaggi di lavoro. Una vitaccia, ripeteva alla moglie, mentre premurosa gli allestiva la valigia.

Pensieri dissolti dallo scampanellio del tram a Porta S.Croce. Una fermata consueta dove, come sempre, l’avrebbe atteso alla Villa Maravelli. Attraente albergo, tempi addietro, voluto dal quel geniaccio di Giacomino Brufani, che riuscì ad attrarre sciami di facoltosi inglesi, oltre a personaggi di rango come Wagner. Notazione frequente, data la sua ammirazione per gli imprenditori di successo. Accaldato com’era e trafitto da un sole giaguaro, stentò a distinguere il suo profilo in controluce. Non era Maria né si presentò neanche dopo due ore di attesa, seduto su un muretto, maremma bu’aiola, sotto l’ombra stitica di un alberello. Sta a vedere che ricomincia con quelle lagne sulle camere d’albergo e le mance distribuite per farsi i fatti loro. Il rischio di una crisi in famiglia. La storia ormai sfilacciata che non si rammenda… Ovvia, si va a cercarla in casa.

Il borgo era animato di carri e passi. Un’osteria spandeva vapori di vino da non scansare. Il tempo di pagare un quartino che gli apparve nella piazzetta difronte tra una mandria di militari in libera uscita. La memoria corse a quel loro darsi di gomito per la lapide intitolata a Giordano Bruno, schiaffata proprio in faccia ai domenicani. Per questo accennò bocca da ridere all’incontro di sguardi. Più che una sorpresa, gli occhi di Maria consegnarono una messaggio difficilmente equivocabile, quello di colei che ti getta in faccia le scorze di un storia andata a male. Quel “torna da dove sei venuto” fu tenero come il travertino della cinta muraria etrusca.

Inaccettabile per Luigi il drastico benservito. La controffensiva fu dapprima affidata a parole gentili, dando fondo a tutto il repertorio. Era noto per il fluido eloquio e una ricca dote di buone letture. Le rammentò di certi giorni ormai ammucchiati nella memoria, il loro fiutarsi, esultare per carezze e risate. La pelle che spandeva luce per un velo di sudore. Niente, il prodotto non destava le attenzioni sperate. Il cambio di strategia dovette sembrare l’unica possibilità. Da quel giorno i viaggi a Perugia divennero incursioni mirate con pressanti assedi sotto le finestre della donna. 

Ovunque si recasse se lo trovava davanti. Intimidazioni, per cominciare, fino a esplicite minacce di morte. Una condizione ormai insostenibile e non priva di rischi reali convinse la donna ad allertare la pubblica sicurezza. Il delegato Michelesi, “specialista della materia” convocò la guardia scelta Bonache Ermenegildo, un vero mastino, che ringhiando un comando secco, fermò il toscano sul predellino del treno. Era già in partenza dopo l’ennesima minaccia. Di fronte al funzionario che in caserma gli contestava il comportamento intimidatorio, il ribaldo negò tutto, aggiungendo per altro di non capire il motivo di quel trambusto. Era dopotutto l’amante della signora da molti anni, dunque qualche diritto su di lei poteva pure vantarlo. 

“Ma quale diritto”, abbaiò il commissario, “se avete già una moglie”! L’occasione per tacere non fu colta, dato il continuo biascicare frasi a discolpa. Non ci volle molto a far deragliare quel dialogo verso la palude del surreale, tanto da indurre il delegato a procedere senza indugi alla perquisizione. Spuntò un coltello di genere proibito. La cella dispensava penombra e poltiglia d’aria stantia. Ci rimase due giorni, grazie allo status sociale, un buon avvocato e l’assenza di precedenti. Appena libero, astutamente confidando sulla comprensione dei giornalisti, tutti uomini, il navigatissimo toscanaccio chiese e ottenne ampia replica sul giornale che aveva riferito il fatto, di cui non aveva apprezzato il titolo strillato “Voleva ammazzare l’amante”. 

Tono morbido nella forma ma affilato nel contenuto. L’immagine che propose di sé fu quella dell’uomo rispettabile e innamorato, magari un filo insistente, e poi il giudice stesso non aveva forse riconosciuto l’insussistenza delle accuse? Certo, la signora era sposata e una certa scorrettezza verso il legittimo consorte andava riconosciuta ma il Grinzi da Pontassieve “meritava attenuanti per la nota massima: chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Un occhiolino alla platea dei maschi per i quali quell’episodio di stalking protonovecentesco non dovette suscitare particolare indignazione.

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