Correva l'anno di Marco Saioni | Perugia, 1922 -“Grinzetta” lo spavaldo, temerario stagnino inventa l’edilizia acrobatica
Fu l’intuizione di un signore genovese, nel 1994, a rivoluzionare il settore dell’edilizia, introducendo l’elemento acrobatico. Niente più costosi e ingombranti ponteggi, quindi, ma funi e imbracature per operare in altezza. Se fosse vivo, il Borgioni Adelmo, detto Grinzetta, avrebbe energicamente eccepito, rivendicando a sé, con ampia facoltà di prova, il diritto d’autore sulla menzionata tecnica. Trentenne, di professione stagnino, era personaggio notissimo a Perugia nei primi anni del Novecento e anche oltre. Piccolo di statura, agilissimo e una consolidata confidenza col bicchiere, cui dava cordialmente del tu, specialmente nei giorni festivi. E’ per questo che, almeno fino agli anni Sessanta, si soleva talvolta assegnare, in tono bonario, tale nomignolo agli amanti del calice. Pochi, ma qualcuno ancora sì, ricordano le sue vertiginose imprese, sempre in perfetto equilibrio sui baratri della follia.
Nei giornali pubblicava inserti a pagamento, snocciolando le proprie capacità nel compiere riparazioni di gronde, parafulmini, camini, tegole e quanto fosse necessario, arrampicandosi senza alcuna protezione su tetti, campanili, torri. Allo stesso modo era in grado, all’occorrenza, di raggiungere gli abissi nei più profondi pozzi. Non iperboli buone per la pubblicità, semmai un curriculum approssimato per difetto. Basta leggere certi preoccupanti resoconti di stampa incentrati sulle sue incredibili, quanto sconsiderate evoluzioni, esibite difronte a un pubblico sempre sbigottito. Era proprio la folla ad attizzare la frenesia di sfida nei confronti delle leggi fisiche. E allora saliva sul ciglio del muraglione, nel tratto più alto, improvvisando una corsa dissennata, scandita da salti e verticali sulle braccia, sembra al grido di “Diavlo aiuteme”. Nessuna rete tra lui e il vuoto.
Proprio su quel muro, dove spesso i perugini più corrosi dalla vita spiccavano il volo senza ritorno, faceva teatro per sfoggio d’audacia. Lo videro scorrazzare con i trampoli o saltellante, le gambe dentro un sacco, sopra parapetti a precipizio. Roba da brividi che neanche il funambolo Arturo Stroschneider, percorrendo su un cavo il tratto Duomo-Palazzo dei Priori, seppe offrire alla folla, naso all’aria, quel maggio del 1911. Non occorrevano funi a Grinzetta, il suo senso per l’equilibrio era tale da sfottere la gravità. Si dice che osò arrampicarsi in free climbing sulla facciata del Duomo per bonificarla dalle erbacce. A lui è anche attribuita la scalata del campanile di San Pietro per sistemare la croce sulla sommità piegata dal vento. Nessun altro si era fatto avanti. Miracoli acrobatici anche sul campanile di San Domenico da accapponare la pelle per certe evoluzioni sul cornicione della torre campanaria, aggrappato come un gatto alle pietre sporgenti e soffiando, di tanto in tanto, su una tromba.
Forte della sua granitica sicurezza, non disdegnava la scommessa, che vinceva regolarmente. Fu per una di queste che si sdraiò sui binari aspettando il treno in corsa. Gli passarono sopra diciotto vagoni, a pochi centimetri dal naso, e uscì senza un graffio. Non fu da meno la disinvolta passeggiata sopra il Ponte delle Torri a Spoleto, sempre ammirando il salto di ottanta metri sotto di lui. Imprese strabilianti, in parte realizzate per scopi promozionali, utili a ottenere commesse di lavoro, come testimoniano le inserzioni sulla stampa. Chiunque avesse avuto necessità d’interventi su tetti, facciate o strutture in elevato, tali da richiedere costose impalcature, è a lui che si rivolgevano. Ma c’era un’altra ragione, ammessa anche dall’interessato. Le sue estemporanee, invasate imprese che radunavano folla esterrefatta, tendevano a intercettare l’attenzione di qualche imprenditore dello spettacolo. Il suo miraggio era il cinema, non già percepito come mirabolante officina d’immagini o tributo per la settima arte, a lui interessava quella fabbrica di sogni che lo avrebbe proiettato sugli schermi del Paese intero, consegnandolo alla fama “aere perennius”.
Non lo trattarono bene quelli dell’Unione Liberale, quotidiano ancora attivo nel 1922, che gli diede del matto pericoloso, invitando le autorità all’adozione di provvedimenti “che distolgano lo stagnino maniaco dai suoi esercizi”. Lo stesso quotidiano ospitò la replica di Grinzetta, che proprio replica non fu giacché, lungi dal confutare le tesi del giornale, profittò dello spazio concesso per sfoggiare un meticoloso catalogo delle sue prodezze condotte, anche quelle per lavoro, “esponendomi al pericolo, giorno e notte, oppure a qualunque tempesta che fa”. Con la chiusura, affidata a due righe, pervasa di fierezza, annunciò “l’intenzione di proseguire il mio intento”. Certo che un po’ fulminato lo era davvero, ma i meccanismi della comunicazione li sapeva gestire. No, le odierne pattuglie dell’edilizia acrobatica gli avrebbero fatto un baffo.