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Correva l'anno di... Marco Saioni | Perugia, 1904: i 'Baccani' e quella gazzarra avvertita in tutto Corso Bersaglieri

Ecco alcune storie legate tra loro poiché generate da un'odiosa pratica, ormai dimenticata, seppure presente nella memoria delle persone più anziane

Avvisaglie e di che tinta, si erano avvertite la sera precedente. Strepiti, ingiurie, un putiferio di barattoli, pentole e tutto ciò che percosso poteva spandere chiasso. Una gazzarra avvertita in tutto Corso Bersaglieri, seppure concentrata sotto una specifica abitazione, quella del signor Gittarelli, quieto sessantacinquenne, alle sue terze nozze. Gli agenti accorsi non ebbero vita facile a contenere quella calca esagitata.

Sembrò finita lì ma l’indomani, recatosi in Corso Vannucci, lo stesso fu accolto da un boato di fischi, epiteti vari, ancora sconquasso di lamiere e persino petardi. Lo assediarono anche di fronte al bar, entro il quale ebbe rifugio. Finalmente arrivò la forza pubblica ma la folla non gradì. Volarono sassi e bastonate contro gli agenti, al punto che dovettero mostrare le armi e minacciare i più rissosi. Prevalse tuttavia il buon senso, grazie anche al talento del comandante Annibaldi nella gestione della piazza. E di questo dà atto il giornale, pure deprecando che tra quella turba fossero presenti “uomini seri, padri di famiglia, studenti o figli di buona condizione”. 

Occorse disporre un consistente servizio d’ordine anche la sera successiva poiché, già nelle adiacenze di Piazza Fortebraccio, una moltitudine vociante si apprestava alla replica. Da cui lo sfogo del cronista sulle libertà individuali conculcate e il prestigio civile di Perugia denigrato “da qualche tempo ad opera di una certa canaglia”.

In effetti casi analoghi si registravano con frequenza, in questo caso sempre in zona Corso Bersaglieri. Stavolta il bersaglio è la disinvolta Pettirossi Stella, certamente discorde, come il suo vicino, del resto, riguardo alla massima che suole trafiggere il matrimonio poiché marchiato come tomba dell’amore. Lei no, era la terza volta che si presentava dal sindaco con il nuovo amante. Cagnara dunque, anche sotto il suo portone.

Talvolta la serenata di percussioni e voci, che avveniva di notte, provocava le proteste dei residenti, come quelli di Via Antica (ora Imbriani) esasperati per il chiasso indiavolato, prodotto da latte di petrolio, palette e il suono di un corno, strumento non certo casuale, nel caso specifico, sotto le finestre di un tizio. A scatenare la folla, l’avvenuta riconciliazione tra marito e moglie. Per quasi mezz’ora, riferisce chi scrive al giornale, “si sentirono le frasi più laide all’indirizzo dei coniugi”. Minaccia di replica la sera successiva, salvo che i riconciliati non avessero offerto da bere per tutti.

La generosa offerta di libagioni per scansare le proteste non giovò tuttavia all’oste Burattini di Porta San Pietro, passato a seconde nozze con una “giovane e robusta vedova”. Schiamazzi durati ore sotto casa, fino all’arrivo di due carabinieri a cavallo. Solo che il fracasso irritò talmente gli animali da procurare diffusi capitomboli e panico tra la folla.  

Nessuna trattativa invece con il giovane parroco di S.Enea, la cui condotta briosa verso le mogli altrui era indigesta alla comunità. Fu necessario l’intervento dell’arcivescovo per far cessare il consueto rito strepitante ma durò poco. Le ostilità ripresero fino a quando il sacerdote fu trasferito altrove.

Non finiva sempre bene. "Un uso medievale che provoca un omicidio” è il titolo di un pezzo del Corriere della Sera nel riferire una vicenda avvenuta nell’orvietano che in ragione della sua drammaticità fu ripresa dal quotidiano milanese. Protagonista del fatto, il quarantenne Nazzareno Rotili, alle seconde nozze con una giovane e “formosa contadina”. 

Poche ore di quiete prima di sobbalzare dal letto. Una caciara lacerante e spavalda, condita da insolenze irripetibili, li travolse. Esasperato e indignato per il trattamento, che non accennava ad attenuarsi, lo sposo si avventò sull’orda lavorando di randello. Cosa buona e giusta ma tra la folla tuonò una pistola ed esplose silenzio. Il confetto di piombo trafisse il fegato e in breve la luce sfumò. Nozze svanite in un’assurda, brevissima luna di fiele. 

Sempre netta la condanna della stampa, anche per episodi meno tragici. Frequenti gli appelli a usare maggiore risolutezza verso la “ciurmaglia e le smanie di coloro che pur di non perdere l’ambito comando delle folle, ne fomentano gli istinti bestiali o violenti”.

Legittimo ora domandarsi la ragione di certi atteggiamenti aggressivi nei confronti degli stili di vita altrui. La risposta risiede nel fenomeno noto come “scampanata”. Motivo ricorrente nell’intrecciare queste storie. Un comportamento rituale e collettivo, presente anche in qualche altra regione, teso a esprimere dissenso nei confronti di condotte ritenute socialmente disdicevoli, più in particolare in occasione di nuove nozze da parte di vedovi. In tali circostanze, come si è visto, si organizzavano manifestazioni che prevedevano l’uso di qualsiasi strumento capace di frastuono. Azioni volte all’irrisione di tipo goliardico, nel migliore dei casi, quando non inclini all’acredine espressa in modo brutale. Autentici soprusi capaci di turbare intimamente gli scampanellati di turno, offerti al dileggio della comunità.

Che fosse un rituale antico e particolarmente diffuso nelle campagne, lo attesta anche il documentato studio di Bartolomeo Napoli, alto prelato toscano, che nel 1772 pubblica il volume “Dei baccani che si fanno nelle nozze de’ vedovi detti volgarmente cembalate o scampanate…” L’opera, una rarità bibliografica, rappresenta un atto d’accusa verso tali comportamenti, si trattava dopo tutto di oltraggio al sacramento del matrimonio, rivendicando la legittimità di nuove nozze in stato vedovile. 

È assai probabile che il fenomeno abbia radici più antiche, materia per studi sociologici al riguardo. In ogni caso la memoria di tale rituale, quella alimentata dalla tradizione orale, sembra ancora presente in alcuni soggetti, quelli diversamente giovani. 

Sembra che i partecipanti agli schiamazzi indossassero delle maschere per garantirsi l’anonimato. Come sempre, leoni da cagnara.

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