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Venerdì, 19 Aprile 2024
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IL BLOG di Franco Parlavecchio | A livello amatoriale o tra i professionisti il doping spopola. Ma c'è un conto da pagare...

Pasticche di ogni tipo, bibite di tutti i colori, le flebo rosa, troppo efficaci per porsi delle domande, almeno finché tutto va bene.

Buongiorno calciatori! Finalmente vi siete svegliati dal letargo imposto dalle regole del business. Solo dopo aver lasciato l’attività agonistica da anni vi state domandando per quale ragione siete stati convinti ad assumere tutte quelle strane sostanze che vi facevano correre il doppio degli altri senza faticare o raddoppiare le fasce muscolari in un lampo. 

Perché nessuno ha mai parlato prima? La paura supera la responsabilità, chi confessa viene automaticamente escluso dal mondo del calcio ed emarginato a vita. Da famoso a completamente sconosciuto in un attimo. E’ una vecchia storia che si ripete, ogni disciplina sportiva ha il suo doping mirato, una consuetudine che sbatte di fronte ad un muro insormontabile di omertà. 

Ma il calcio è un business troppo grande che deve andare avanti comunque anche sulla pelle delle persone. Sono tanti i casi spesso dimenticati o ignorati perché il Dio Denaro supera qualsiasi ragione, anche quella della salute. Troppe partite di calcio, troppi infortuni, troppa velocità nel gioco a discapito del talento, troppa pressione che viene sopportata anche grazie all’uso di medicine mirate che snaturano le prestazioni sportive. E’ il mondo connivente tra giocatori, squadre, dirigenti e medici sportivi, d’accordo pur di raggiungere il risultato a tutti i costi. 

Questo è il calcio professionistico, un mondo a parte dove gli atleti sono comunque controllati. Poi c’è un secondo mondo, quello dilettantistico, nel quale le sostanze dopanti si assumono allo stesso modo, senza controllo medico, solo per vincere quella partita in più, per sentirsi apparentemente più forti.  Pasticche di ogni tipo, bibite di tutti i colori, le flebo rosa, troppo efficaci per porsi delle domande, almeno finché tutto va bene. Ma il corpo non è una macchina, prima o poi ci porta il conto.  Spente le luci della ribalta inizia la sensazione della paura perché vedere compagni di squadra che ti lasciano così presto con malattie senza speranza, non lascia indifferenti.  Non vi preoccupate, appena finirà l’onda emotiva nessuno ne parlerà più e tutti vivranno felici e dopati.

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