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Mercoledì, 24 Aprile 2024
PROVINCIA Magione

Famiglie violente: lui condannato per aver morso la moglie, lei per le sevizie sul figlio piccolo

Per l'uomo 4 mesi di carcere per i maltrattamenti nei confronti delle donna, a Milano lei è stata condannata a 3 anni per le bruciature e le percosse sul bimbo

Quattro mesi di carcere per aver morso la moglie mentre erano a letto insieme. È la condanna inflitta ad un marocchino di 39 anni, difeso dall’avvocato Emanuela Rondoni, accusato di aver aggredito l’allora moglie nel marzo del 2015 a Magione.

Era stata la donna a denunciare il marito per violenze, salvo poi scappare di casa portandosi via il figlio e finire condannata per sevizie sul bambino, insieme con il suo nuovo compagno.

L’uomo, difeso dall’avvocato Emanuela Rondoni, era accusato di maltrattamenti in famiglia per aver costretto la moglie ad una vita di sacrifici e privazioni, costringendola a seguire le usanze islamiche del velo, chiudendola in casa e non facendola uscire se non in presenza di un maschio di casa.

Queste le accuse che la donna, ad un certo punto della convivenza, aveva fatto all’uomo, scappando di casa con il figlio piccolo e rifugiandosi in una casa protetta. Compresa l’accusa di averla morsa mentre erano a letto insieme.

Le indagini avevano portato l’uomo in tribunale, ma nel corso del tempo si erano aggiunti nuovi elementi. Tutti hanno testimoniato, ad esempio, che la donna era libera di vestirsi come voleva, anzi semmai le rimproveravano che per una che affermava di seguire i dettami dell’islam, forse minigonna e rossetto e altri comportamenti non erano proprio indicati. Tutti i testimoni hanno ribadito che l’uomo non ha mai usato violenza o costretto a vivere in un certo modo. L’unico episodio con certificazione medica riguarda una ecchimosi, con 5 giorni di prognosi, al polso della donna: lei dice che l’avrebbe afferrata per picchiarla, lui che stava impedendo che si suicidasse, tagliandosi le vene. L’episodio sarebbe avvenuto davanti al figlio piccolo, da qui il procedimento d’ufficio (la querela di parte è stata ritirata).

Nel frattempo la donna aveva cambiato diverse case protette e gli assistenti sociali hanno iniziato a stilare rapporti negativi sulla stessa, rivalutando il padre, almeno nei comportamenti con il figlio.

Ad un certo punto, però, la donna era stata autorizzata dal Tribunale per i minori ad andare in Marocco, per una breve vacanza, portandosi il figlio, nonostante l’opposizione del padre. Da quel momento, sono ormai passati oltre tre anni, l’uomo non lo aveva più rivisto. Anche la denuncia per sottrazione di minore era stata archiviata.

Mentre si svolgeva il processo a carico dell’uomo, però, era arrivata una notifica dal Tribunale di Milano che riguardava il procedimento di dichiarazione di adottabilità del bambino.

La donna era rientrata in Italia, senza dire nulla, ed era andata a vivere a Milano con il nuovo compagno. Entrambi erano stati arrestati e processati per aver seviziato il bambino con un ferro arroventato. I medici hanno riscontrato 11 bruciature e 27 ecchimosi sul corpo del bambino. La donna era stata condannata a 3 anni e le era stata tolta la potestà genitoriale.

Senza consultare archivi e database, senza considerare che il bambino aveva ancora un padre, il Tribunale di Milano ne aveva dichiarato l’adottabilità. Il legale dell’uomo ha chiesto la revoca dell’adottabilità e avanzato la richiesta di affido esclusivo.

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