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Intercettazioni e scandalo sanità, la lettera della direttrice Mecucci: "Cari colleghi informare sì, violare la dignità no"

La lettera aperta della giornalista già Unità, Giornale dell'Umbria e Corecom contro la pubblicazione di molte intercettazioni non definite fondamentali ai fini dell'indagini. Altri colleghi hanno sottoscritto la lettera. Noi da giornale libero e liberale ospitiamo anche questo intervento

Un conto è attendere con rispetto le decisioni della magistratura, altro è violare la dignità e le intimità individuali, mettendo alle berlina le persone e portando in piazza vicende che nulla hanno a che vedere coi supposti reati. Diventa addirittura risibile, e maligno, sottolineare battute confidenziali, dialettismi, qualche parola un po’ forte che attiene al linguaggio ordinario di un’amichevole interlocuzione. C’è chi trova tutto questo insopportabile e invita i giornalisti ad attenersi a regole di corretta deontologia e rispetto umano.

Questo ed altro si rintraccia nella lettera aperta che la direttrice Gabriella Mecucci, penna di rango e figura di riferimento del milieu giornalistico nazionale, indirizza ai colleghi. Esordendo con una doverosa premessa

“La vicenda della sanità umbra è grave e seria. Giornali, tv e siti internet fanno dunque benissimo a seguirla quotidianamente con particolare attenzione. Occorre restituire, infatti, trasparenza a concorsi dietro i quali si sono celati atteggiamenti clientelari e discriminatori. Ricostruire quali e quante presunte illegalità siano state commesse non è solo un diritto, ma un dovere dell'informazione regionale e nazionale”. Poi una riflessione sulla diffusione delle intercettazioni

“In questi giorni, si sono però verificati episodi che sono andati ben oltre tutto ciò. Sono in rete, e consultabili sui nostri telefonini, centinaia e centinaia di pagine di intercettazioni, molte delle quali non hanno niente a che fare con i presunti reati commessi, ma costituiscono un'indebita ingerenza nella vita privata degli indagati e li presentano – utilizzando battute infelici e fuori contesto – come persone senza cuore”.

Il comportamento dei magistrati. “La Magistratura – quando conduce un'indagine importante e seria come quella sulla sanità umbra – raccoglie inevitabilmente materiale che va ben aldilà di quanto poi servirà per provare le proprie accuse. Non è tollerabile, però, che questo circoli senza alcun controllo, che diventi chiacchiera da bar e che venga utilizzato per ferire nel profondo la dignità stessa degli indagati”. Un tempo, certe battute venivano pudicamente celate con gli omissis fra parentesi quadre (ndr). 

Il comportamento (inappropriato) di alcuni giornalisti. “Purtroppo in questi giorni anche alcuni articoli, titoli e locandine di giornali hanno più volte travalicato i confini di un'informazione seria e completa, per approdare al pettegolezzo incattivito, che rischia di alimentare la furia di quelle che Indro Montanelli chiamava le “tricoteuses”. Quelle signore, cioè, che facevano la calza sotto alla ghigliottina e urlavano di felicità ogni volta che cadeva una testa”.

La riflessione. “Non è così che si aiuta la giustizia a fare il suo corso. E purtroppo quello che stiamo vivendo in Umbria non succede per la prima volta. È già accaduto altrove, in altri momenti e in altri contesti”.

L’appello. “Facciamo appello alla serietà professionale, all'etica e al senso della misura dei colleghi perché informino – come sanno fare – in modo completo l'opinione pubblica, senza trascurare nulla che illumini i lati oscuri della sanità umbra, ma non cadendo in atteggiamenti lesivi della presunzione di innocenza e, peggio ancora, del vivere civile”. 

La lettera è finora firmata da Gabriella Mecucci, Anna Mossuto, Marcella Calzolai, Gianfranco Pannacci, Gianfranco Ricci, Annalia Sabelli Fioretti, Paola Sacchi, Luigi Zizzari, Lucia Baroncini. Altri colleghi la stanno ricevendo e, molto probabilmente, la sottoscriveranno.

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