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Solo auto elettriche dal 2035? Il Presidente Squarta: “La Conferenza dei Presidenti dica di no: posti di lavoro a rischio e dipendenza dalla Cina"

Nella nostra regione le auto elettriche, secondo gli ultimi dati dell’Aci, sono lo 0,16 del parco auto circolante (1.086 su 644.155)

Fare pressione politica a partire dai consigli regionali d'Italia per opporsi alla cosiddetta ‘rivoluzione industriale’ di Bruxelles che vuole vietare la vendita di auto nuove alimentate a benzina o diesel a partire dal 2035. L'idea porta la firma del presidente dell'Assemblea legislativa dell'Umbria Marco Squarta (FdI) che cercherà di coinvolgere l'associazione di categoria dei presidenti delle Regioni d'Italia per far sentire la propria voce sul provvedimento europeo. 

“È opportuno – sottolinea Squarta - che tutte le Regioni prendano posizione, su un argomento importante e sentito, sostenendo in maniera compatta il blocco dell’ennesima imposizione dell’Unione europea sulla pelle dei cittadini. Con lo stop dei motori a benzina e diesel dal 2035 migliaia di aziende e tantissimi lavoratori rischiano di trovarsi fuori dal mercato. Il settore dell’automotive è una delle colonne portanti della nostra nazione, in Italia lavorano 280 mila occupati diretti e 250 mila artigiani dell'indotto, in più sono 450 le aziende della componentistica con 70 mila addetti che dovrebbero diversificare le loro specializzazioni e loro attività per non scomparire”.

Squarta spiega che “solo in Umbria il tessuto produttivo conta 145 aziende direttamente o indirettamente collegate al settore dell'automotive. Nella nostra regione le auto elettriche, secondo gli ultimi dati dell’Aci, sono lo 0,16 del parco auto circolante (1.086 su 644.155). Siamo indietro con la diffusione delle colonnine di ricarica e con la riconversione degli impianti, manca il personale specializzato e ci troveremo con un'abbondanza di profili professionali ormai desueti. In più imporre auto elettriche comporta problemi di rifornimento delle materie prime che servono per produrre le batterie (rame, litio, nichel, magnesio e cobalto) per le quali siamo completamente dipendenti dall’estero. Che fine faremo? Lasceremo andare i nostri lavoratori in cassa integrazione per importare batterie dalla Cina e dal Congo? Soprattutto Pechino ha le materie prime, la supremazia tecnologica e produttiva, il cuore dell’auto elettrica è in mano ai cinesi. Con il motore termico la filiera italiana è tuttora fortemente competitiva, le istituzioni devono impegnarsi a non far perdere neppure un posto di lavoro nel nostro Paese”. 

“Questione non certo secondaria - conclude Squarta – sono i costi per i cittadini. Le auto elettriche hanno prezzi inavvicinabili e molte persone, non potendosi permettere di acquistarle in questi 12 anni che ci separano dal 2035, continueranno a girare con le vetture che posseggono adesso, che col trascorrere del tempo saranno sempre più vecchie e sempre più inquinanti. A questo aspetto, Bruxelles, ci ha pensato?”. 


 

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