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Elezioni regionali Umbria 2015 Piazza della Repubblica

Renzi a Perugia scuote il popolo del Pd: "Non lasciamo l'Umbria a chi sa solo distruggere"

Il Presidente del Consiglio al teatro Pavone per lanciare la riconferma di Catiuscia Marini alla guida della Regione: "Noi siamo il partito della legalità. Noi facciamo e lavoriamo, gli altri sbraitano"

Fermo restando che “un comizio alle 10 di mattina di mercoledì non si può fare”,  e che “Berlusconi ha sette vite ma ha finito di rovinarci i sogni”, si comincia. “Siamo chi siamo”, canta Luciano Ligabue dagli altoparlanti del teatro Pavone di Perugia. E chi siamo? “Siamo quelli che le cose le fanno, mentre gli altri sbraitano e si alzano tutte le mattine  dicendo che qualcosa va male”. E di nuovo, chi siamo? “Siamo quelli civili, che non attaccano gli altri. Arrivando ho chiamato il sindaco di Perugia e gli ho detto: stavolta sono qui per un comizio e non posso venire in Comune. La prossima volta verrò trovarti. Perché? Perché noi siamo persone civili”.

Piovono applausi quando prende la parola Matteo Renzi, a cui piace “stare alla sinistra di Catiuscia Marini”. Tanto che le indica esattamente dove mettersi. Il Presidente del consiglio si avvicina al microfono, appena lasciato dal segretario Giacomo Leonelli e dalla candidata e presidente regionale uscente e annuncia che “sono qui per aprire la campagna elettorale del Pd in Umbria”. E no, non è un errore. “Cominciamo adesso – arringa Matteo Renzi – e dobbiamo lavorare. Perché Catiuscia (sì, si chiamano per nome. Eccezion fatta per Leonelli: per lui solo il cognome) possa guidare per altri cinque anni l’Umbria. Una regione piccola, ma con cuore, ideali, valori e forza. Tanta forza. La scommessa di Catiuscia non è solo la scommessa del Partito Democratico. E’ la scommessa di tutti voi. L’Umbria può essere il centro della ripartenza dell’Italia, un Paese che non vogliamo lasciare in mano a chi sa solo distruggere e sbraitare”. E visto “che molti mi accusano di essere un televenditore, adesso le istruzioni per l’uso: prendete il cellulare in mano. Fatelo, non applaudite, altrimenti siete dei gufi. Scorrete la rubrica. Fatevi l’elenco delle persone da contattate. E parlateci. Di persona. In questi tempi difficili c’è grande solitudine. C’è bisogno di contatto umano, di una stretta di mano, di guardarsi negli occhi. Lavoriamo. Da qui a sabato. Anche se c’è il silenzio elettorale. Raccogliere voti si può, si è sempre fatto”.

Renzi ha il piglio dell’allenatore dei miracoli. Quello che nell’intervallo della partita dove prendi schiaffoni uno via l’altro mette tutti seduti e tira fuori dal cilindro un discorso-capolavoro che ti fa tornare in campo come una fionda. Quello che ti sa far entrare bene in testa a chi vanno recapitati tutti i palloni giocabili. Quello che ha fame di vittoria e sente l’odore di una finale pesante. Un sette a zero clamoroso, magari. “La verità è che una grande squadra come il Pd non si accontenta del record delle Europee, che supereremo la prossima volta. Non si accontenta di aver strappato quattro regioni al centrodestra. Non si accontenta di dire faremo bel risultato. Abbiamo voglia di vincere. E io, come allenatore di questa grande squadra, ho voglia di vincere”. Ad ogni frase il teatro viene giù dagli applausi. Ogni volta. Compresa – ovviamente – quell’affermazione che mette sotto i riflettori il modello ‘Brunello’. Cioè Cucinelli, tanto per essere chiari. “Idee geniali, qualità e innovazione da promuovere e sostenere. Tanto che, non ti offendere Brunello, sei diventato un brand”. E ancora: “Per far ripartire l'Umbria e l'Italia servono tre L: legalità, lavoro, e leggerezza". Già, il lavoro. Il lavoro “si costruisce non solo semplificando le regole, ma con uno Stato più semplice. E noi lavoriamo per realizzarlo”.

E il Jobs Act, tanto per chiarire “è la cosa più di sinistra fatta negli ultimi anni”. Ma non è finita qui. La manciata di minuti del discorso del premier è pesante come piombo. E ritorna il “siamo chi siamo”. Stavolta si passa al “siamo i rottamatori veri. E’ bellissimo fare il servitore dello Stato, per un certo periodo. Per cui io farò al massimo due mandati: questo fino al 2018 e poi al 2023. Poi a casa. L'importante però - ha aggiunto - è che oggi i cittadini sappiano che a guida del Paese c'è una classe dirigente che ha tutti i limiti di questo mondo, ma ci sta provando a sbloccare tutto quello che è rimasto fermo in questi anni. Sento parlare di impresentabili, presentabili...ma il Pd è il partito che ha fatto la legge anticorruzione con pene più dure di quelle che c'erano prima, ha fatto una legge per cui chi vuole patteggiare perché ha rubato, patteggia ma paga fino all'ultimo centesimo e fino all'ultimo giorno della sua pena. Ha rimesso il falso in bilancio, ha messo l'autoriciclaggio e ha fatto accordi con Svizzera e Vaticano per riportare i soldi in Italia facendo pagare le tasse, ha fatto legge sugli ecoreati”. Questo “è quello che fa il Pd, perché erano anni che queste leggi venivano vagheggiate, ispirate, sussurrate, noi le abbiamo fatte”.

Conclusione, almeno per noi, con le parole per l’Umbria: “Sono cinque 24 ore decisive. C’è da lavorare per vincere. Non la diamo vinta. Non lasciamo l’Umbria e l’Italia in chi spera che tutto vada male”. Tutti in piedi, Matteo Renzi esce dal teatro Pavone.

Matteo Renzi in Umbria, il premier al teatro Pavone in appoggio alla Marini

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