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Aborto farmacologico, la petizione supera le 36mila firme. E il caso finisce in Senato

L'Umbria ancora sotto i riflettori dopo la delibera della giunta che vieta il day hospital ripristinando il ricovero per l'interruzione volontaria di gravidanza. E continuano le proteste di 5 Stelle e Pd

A tre giorni dal suo lancio ha superato le 36mila firme la petizione lanciata sulla piattaforma 'Change.org' contro la delibera della giunta a guida Donatella Tesei che ha vietato il ricorso alla pillola RU486 in day hospital, ripristinando l'obbligo di ricovero per le donne che vogliono interrompere volontariamente la gravidanza. "Un ricovero prolungato, non necessario, non farà altro che ledere ulteriormente la psiche di chi si trova a compiere una scelta, in ogni caso, affatto semplice - si legge nella petizione, seguita poi da altre simili - Con questa decisione e questo metodo invasivo, riportiamo indietro le lancette nel tempo, per le donne umbre, eliminando tutti quei diritti che si erano acquisiti con tanta fatica. Non lo permetteremo. Dalle parte delle donne e della civiltà, sempre”.

La scelta dell'Umbria ha scatenato il dibattito anche fuori dai confini regionali, con la governatrice finita sotto attacco anche dello scrittore Roberto Saviano e il Ministero della Salute che ha chiesto un nuovo parere al Consiglio Superiore di Sanità. E proprio al ministro Roberto Speranza la Tesei ha indirizzato una 'lettera', in cui ha chiesto "un approccio scevro da condizionamenti ideologici" e si è detta "pronta a rimodulare la delibera in base alle considerazioni del Consiglio superiore di sanità".

Infuria la polemica intanto anche sul piano politico, con il caso che è finito in Senato: "Siamo di fronte a una vera e propria gaffe - ha detto intervenendo in aula a Palazzo Madama la senatrice pentastellata Emma Pavanelli - perché la giunta leghista in una delibera di maggio, in piena Fase 2, tra le Linee Guida sull’Igv promuove la pillola abortiva come servizio 'tutelato e garantito'. Poi la marcia indietro. Mi sono interrogata più volte sull’intento di tutto questo: con la scusa di una maggiore tutela della salute delle donne, il percorso di interruzione volontaria della gravidanza è stato reso più difficile da percorrere, sperando così di scoraggiare il ricorso alla pillola RU486".

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In Umbria intanto montano le proteste del Pd, che dopo l'invettiva di Walter Verini si affida a un 'Manifesto per una piena applicazione della legge 194/78 e per la libera autodeterminazione delle donne'. "La Giunta regionale ha scelto l’obbligo di ospedalizzazione forzosa di almeno tre giorni, rendendo volutamente ad ostacoli il percorso per ottenere l’opzione farmacologica, aumentando le spese del sistema sanitario regionale e, in epoca Covid, allungando paradossalmente le degenze. Ciò significa che, da ora in poi - denunciano le democratiche e i democratici dell'Umbria -, i reparti autorizzati a mettere in atto la procedura di IVG farmacologica, quelli di Pantalla e poi, dopo il Covid, quello di Umbertide, oltre che di Orvieto e Narni, chiuderanno a breve, allungando ulteriormente i tempi per le IVG chirurgiche, che già adesso fanno registrare oltre tre settimane di attesa".

Poi l'attacco: "Un atto grave, strumentale e colpevole, che renderà ancor più difficile la vita delle donne, la loro libertà, la loro autodeterminazione, attraverso la privazione del diritto a scegliere il metodo meno invasivo di interrompere una gravidanza. Ma ciò che la Lega plaude, difende e incoraggia, noi invece stigmatizziamo, condanniamo, e soprattutto combattiamo. Con questo atto la presidente Tesei avrà la responsabilità storica di aver riportato indietro le lancette della storia ai tempi in cui venivano negati i diritti delle donne, al solo scopo di assecondare il volere dell’ultraconservatore Senatore Pillon, suo collega di partito. Ma nessun tema, soprattutto quando si parla di diritti di civiltà, può essere ostaggio di pregiudizi ideologici, posizioni antidiluviane, e di esponenti di spicco di partiti politici desiderosi di fare i conti con un universo femminile per i loro gusti fin troppo emancipato, quando invece è ancora, sempre troppo, oggetto di schernimento, ingiustizie e violenza. Ci troverete sempre dalla stessa parte. Dalla parte delle donne, per le donne, con le donne".

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