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INVIATO CITTADINO Nel cuore della città per ricordare Serena Innamorati, perugina-europea

In Sala dei Notari è Primo Tenca, presidente della Società di Mutuo Soccorso, a spiegare perché la commemorazione di Serena “doveva” rientrare fra gli appuntamenti del XX Giugno cittadino

Nel cuore della città per ricordare, col cuore, il nome e la memoria di Serena Innamorati, perugina-europea. In Sala dei Notari è Primo Tenca, presidente della Società di Mutuo Soccorso, a spiegare perché la commemorazione di Serena “doveva” rientrare fra gli appuntamenti del XX Giugno cittadino. Una data e una ricorrenza che fu sempre al centro dei suoi interessi storici, ideali e ideologici. Insomma: “la data che amava di più”.

“Un curriculum – ricorda Tenca – di 22 pagine, dense di studi, di ruoli, di saggi, di identità orgogliosamente rivendicata. Firenze, Perugia, Bruxelles: tre tappe della sua vita e del suo impegno di donna e di studiosa, di appassionata custode di libri e di memorie. Anche familiari.

Leonardo Varasano ricorda una precisa finalità che Serena volle, ma non vide realizzata: la pubblicazione dell’epistolario dei fratelli Pellas. E poi gli impegni per il ricordo di Fernanda Maretici, recentemente scomparsa, ultracentenaria: la prima donna – insieme a Elena Binni Benvenuti – a sedere nel primo consiglio comunale democratico del secondo dopoguerra. Ricordo che qualche anno fa ci recammo a casa della Maretici, con Romizi e Varasano, a consegnarle il Grifo del Comune per i suoi primi 100 anni. Loro in veste ufficiale, io nel ruolo di cronista. Ci accolse con affetto. Parlò sempre lei: una donna dalla fibra e dalla mente eccezionali. Lo raccontai a Serena che mi disse: “Per Fernanda tocca fare qualcosa di più, storicizzarne la figura di sensibile docente e di donna impegnata in politica”. Non può farlo lei. Lo faremo noi.

L’amica Alba Scaramucci ricorda l’impegno politico e la condivisione di valori con Serena. Fa sorridere e commuove il ricordo dell’ostinato impegno di Serena, stonatissima, a intonare – a squarciagola e scassa timpani – i canti delle mondine o “Addio, Lugano”. Stonata, ma non rinunciataria. Questo mai.

Mauro Volpi ripercorre a volo d’angelo il non essere “solo” perugina di Serena. Che fu sì perugina, e fino all’osso, ma anche italiana ed europea. Ne ricorda l’utilizzo accorto dell’informatica, da precursore, non da epigono, delle tecniche informatiche per il lavoro di bibliotecaria. Poi i personaggi della sua vita: Capitini, Penna, Guardabassi. Senza trascurare le mostre, la promozione di iniziative di livello, la redazione di cataloghi, l’attiva partecipazione a congressi, la fattiva presenza nelle maggiori associazioni culturali cittadine e nazionali. Personalmente ricordo l’operazione di trasferimento in Augusta degli oltre 15 mila volumi della biblioteca personale di Walter Binni. La volle, d’intesa con la moglie Elena e coi figli Francesco e Lanfranco, “ubi erat, sicut erat”. E non fu un’operazione facile. Ma Serena ci riuscì, guadagnandone la riconoscenza affettuosa della moglie e dei figli. Lanfranco, quando mi parlava di Serena, era solito dire – nella sua bella loquela toscana – “una donna eccezionale”.

Di serena mi piace ricordare l’affettuosa e discreta sollecitudine verso il padre Francesco, autore dello splendido “Le confessioni di un nonagenario”: un Nievo all’ennesima potenza. Come non posso dimenticare l’incoraggiamento per le mie battaglie culturali a favore della città. Mi ha sempre dato coraggio, specialmente quando le perdevo. E mi è capitato abbastanza spesso.

Poi il suo sogno, finora frustrato, di collocare la lapide di Mario Angeloni in corso Vannucci, sotto al terrazzino dove quel personaggio ebbe lo studio. Ce la farà l’amministrazione appena in carica? Lei lo vorrebbe. La lapide è pronta da un pezzo, ma c’è chi rema contro. Volevano metterla nell’angolino buio di via Danzetta. Forse che Angeloni non è degno di figurare al corso? Mi appello al nuovo assessore alla Cultura, che certamente lo farà.

Volpi chiude con la citazione di una poesia di Emma Dancourt che insegna a “resistere” e a “sorridere”.

Proprio come ha sempre fatto Serena. Proprio come è nostro dovere fare. Oggi più che mai.

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