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VISTI PER VOI. Teatro di parola al Cucinelli con Orsini e Branciaroli amici-nemici. Fra rancori e assurde incomprensioni

VISTI PER VOI. Teatro di parola al Cucinelli con Orsini e Branciaroli amici-nemici. Fra rancori e assurde incomprensioni si dipanano tranches de vie segnate dall’incomunicabilità. O, per meglio dire, dall’equivoco e dal rancore. Teatro dell’assurdo, per citare una definizione corrente e corriva.
Quando basta un’intonazione per rompere e rimuginare. Fino alla distruzione di un rapporto che conduce al finale ad alta drammaticità. In scena Umberto Orsini e Franco Branciaroli, diretti da Pier Luigi Pizzi, classe 1930, costumista, scenografo, regista di rango, Legion d’Onore e Cavaliere di Gran Croce, già vicino alla storica Compagnia dei Giovani. Torna a cimentarsi con un testo estremamente sofisticato. E difficile. 

Orsini e Branciaroli interpretano Pour un oui ou pour un non, titolo che si può semplicemente tradurre, ad orecchio e in senso letterale, con “Per un sì o per un no”. Ma che significa parecchio di più. Anche perché il “sì” e il “no” sono scelte nette. Mentre, nel loro caso, si tratta di semplici
intonazioni, sfumature minime, difficili da cogliere, un sopracciglio alzato, messaggi sfumati, ricettività ambigue… che fanno la differenza.
Ardita scelta di un testo estremamente complesso (dietro l’apparente semplicità), per il quale occorre trovare un registro acconcio ai due caratteri.

Un Orsini misantropo e rancoroso, chiuso e vendicativo. Anche invidioso della paternità orgogliosa dell’amico. Poi irritato per l’indifferenza (o semplice “condiscendenza”) da lui mostrata, rispetto a un suo successo professionale. O si trattava forse di “gelosia”? Branciaroli irridente e superiore. Con una scelta recitativa alla Carmelo Bene (ha evocato alla memoria lo spettacolo “Dall’Inferno al Purgatorio” di una dozzina d’anni fa, in cui imitava i due geni Gassman e Bene che si incontrano nell’aldilà). I due amici scoprono, e ci aiutano a scoprire, che spesso non è solo il “detto”, ma soprattutto il “non detto” a scatenare viscerali ambiguità. E conseguenti distacchi. Una prova d’attore, se mai ce ne fosse bisogno, più che convincente, per due mostri sacri del palcoscenico.

Ma una scelta di testo su cui sia lecito avanzare qualche riserva. Uno spettacolo impegnativo, anche per il pubblico. Dura solo un’ora, ma richiede responsabilità per un’adeguata fruizione. Applausi convinti e solidali. Ma troppo sottile e pretestuoso risulta un testo che estremizza le nevrosi e il male di vivere del nostro tempo. Abbiamo notato qualche risata (a noi parsa) di troppo. Forse siamo i primi a non averlo capito. O forse è qualcun altro, a non aver capito.

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