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"The instinctive geometric painting", mostra di Silvano Nimbi al Lupi Caffè della Pesa

Sulle pareti di una discreta saletta, Silvano Nimbi propone una serie di opere che hanno il crisma della levità, declinata in immagini “esplose” di lirico e geometrico cromatisno

“The instinctive geometric painting” è il titolo della mostra di pittura, attiva (e attrattiva) presso il Lupi Caffè di via Brunamonti. Piccolo evento che carica di valore aggiunto il rinomato forno-pasticceria a fronte della primaria Ciabatti, ex Littorio, dopo il gigantesco cedro del Libano.

Sulle pareti di una discreta saletta, Silvano Nimbi propone una serie di opere che hanno il crisma della levità, declinata in immagini “esplose” di lirico e geometrico cromatisno. Sono soprattutto visioni di architetture urbane che raccontano la vita degli uomini attraverso le loro opere. Opere che sommano all’estetica delle forme assolute l’etica e l’epica del quotidiano, la dimensione pratica della normalità, l’accesso della “frequentabilità”, proponendo casupole e cattedrali, rosoni e campanili, vicoli intrecciati tra nodi e snodi (come la stretta via del Lupo, tra il Roscetto e lo Slargo della Pesa, dove Silvano – venendo dalla natia Pregggio – si è lattato di amicizie e di poesia). Opere, dunque, nelle quali è possibile intercettare lacerti di città reali o semplicemente immaginate. Un modo per restare attaccato alla realtà, tendendo al suo superamento. A riprova di un ossimoro testimoniato e intimamente vissuto. Di rado compare la figura umana, quasi per il pudore di una figurazione straniata e straniante, come quelle narrazioni distorte di edifici e di strade.

Nimbi, ex ragazzo della Pesa, è tutt’altro che un istintivo, come giocosamente tenta di farci credere il titolo in inglese della mostra. Ho la certezza di cogliere, negli esiti del suo lavoro, un’intensa fase bozzettistica e progettuale che passa per una sapienza formale sofisticata, da disegnatore e storico dell’arte, qual egli realmente è.

A cosa d’altro paragonare le sue geometriche campiture, convergenti o divergenti, se non all’imprinting futurista di Dottori? Silvano, dunque, come pittore post-futurista e marcato da un colorismo acceso e trionfante, che esplode nei rossi urlanti, nei blu picassiani, nei gialli canori. Certo: una pittura non banalmente citazionale, né “alla maniera di”. Ma una professione di una poetica che distilla il reale nell’ideale, nella ricerca tesa alla quintessenza di forme e di volumi. Visioni tra essere e voler essere, tra realtà e sogno, tra cultura e affabulazione.. Una “mostrina” che ha la dignità onesta di una prova d’autore. Un autore coi piedi saldamente piantati… sulle nuvole.

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