Filippo Timi nei panni della casalinga americana disperata è veramente una favola... e non rinuncia al perugino
È arrivato nelle sale, il 25, 26 e 27 giugno, “Favola”, film di Sebastiano Mauri con protagonista Filippo Timi. Chi non ha potuto vederlo a teatro (lo spettacolo è passato a Terni, ma non nel capoluogo di regione
È arrivato nelle sale, il 25, 26 e 27 giugno, “Favola”, film di Sebastiano Mauri con protagonista Filippo Timi. Chi non ha potuto vederlo a teatro (lo spettacolo è passato a Terni, ma non nel capoluogo di regione) si è presentato alla casa dello Zenith o all’Uci per pagarsi il biglietto e goderselo (allo Zenith è stato addirittura prorogato). Ed erano in molti, veramente tanti, data la stagione poco favorevole al cinema.
Il film – prodotto da Palomar e Rai Cinema e distribuito da Nexo Digital – aveva aperto il Festival MIX Milano di Cinema Gaylesbico e Queer Culture.Il lavoro, scritto dal nostro autore-attore e regista ponteggiano, è ambientato negli Usa anni Cinquanta e racconta la storia di una casalinga inquieta, Mrs Fairytale, impersonata dallo stesso Timi, perfettamente adattato al ruolo femminile, anche se poco credibile per voce e andatura. Ma la recitazione è complice e strizza l’occhio allo spettatore che si diverte, senza dileggio per il gender.
La donna vive nel suo piccolo appartamento-bomboniera, con un cane di pelouche che (mentendo a se stessa) si ostina a ritenere vivo, aspettando il ritorno del marito ubriacone e violento. E non disdegnando qualche passioncella, non consumata, per l’idraulico. L’unica sua àncora di salvezza è l’amica Mrs Emerald, interpretata da una clamorosa Lucia Mascino, con cui si confida, in parte mentendo su una condizione di vita angosciosa e frustrante, presentata come apparentemente felice.
La vita monotona, e formalmente perfetta, subisce una svolta quando la protagonista scopre che nel proprio corpo è avvenuta una mutazione scioccante, per esserle cresciuto l’attributo maschile. Il che la proietta verso titubanti, ma inebrianti esperienze, condivise con l’amica che ci sta. Mentre il marito rimane basito e se la dà a gambe.
Da questo nuovo rapporto discende la nascita di un figlio e l’aprirsi di nuove prospettive. Ma, bandendo una banale “normalità”, le due donne vivranno more uxorio e costituiranno una famiglia “monocolore”. Entrambe in abiti femminili, col conforto di Piera degli Esposti in veste di Mather.
È evidente il riferimento all’attualità di certe situazioni che bypassano l’ordinarietà, accettata e condivisa.Timi non rinuncia a qualche pennellata di peruginità, come l’uso del termine “cocchina” o “passerina”, più altre varianti ponteggiane del membro maschile.Peccato non aver visto lo spettacolo. Ma il film, in qualche modo, risarcisce la mancanza.