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RUBRICA Il teatro visto e giudicato per Voi: "L'ora di ricevimento" al Teatro Cucinelli a Solomeo

Meritato successo per la produzione dello Stabile dell’Umbria, in scena al Teatro Cucinelli fino a domenica 16 ottobre. “L’ora di ricevimento” si pone in linea di continuità con “7 minuti”, firmato dallo stesso autore, Stefano Massini. Il quale dimostra uno sguardo attento, perfino incalzante, su temi e problemi della contemporaneità. Per un teatro che, in altri tempi, si sarebbe detto “impegnato”. Forse anche “politico”.

L’argomento – quello della difficile integrazione fra culture, antropologicamente intese – è così “internazionale” da aver suscitato forte interesse (tradotto nella prelazione e acquisto di diritti) anche in Paesi quali Regno Unito, Germania e Francia. Dove, appunto, s’inquadra la location, come declinato nel sottotitolo “Banlieu”.

C’è infatti rappresentata, con la sua carica di problemi, quella terra di confine dei quartieri periferici, dove confronti e diffidenze, divergenze e convivenze non sono mai scelte, ma si presentano in un confuso bailamme di dramma e ironia. Si spiegano così anche i momenti lievi, l’approccio disincantato, e perfino cinico, di un maturo professore alle prese con le contraddizioni insanabili del melting pot etnico, linguistico, religioso e perfino alimentare. 

Risolto con rassegnato buon senso, per sopravvivere, senza venir meno alla propria, difficilissima, funzione educativa. Ricorrendo all’espediente di inquadrare in prototipi nomen-omen gli allievi, un anno dopo l’altro, sbagliando di poco, anche se con rimorso. Ne esce alla grande un Fabrizio Bentivoglio (opportunamente microfonato) con una recitazione lieve e intensissima, specie quando riflette sulle insidie di una professione che lo mette quotidianamente alla prova con mediazioni da inventare. Nella consapevolezza che, nella società d’oggi, quali siano i ruoli che riveste, nessuno può dirsi completamente innocente.

Bentivoglio-professore fa (anche) ridere col suo scetticismo marpione davanti all’inesperienza del giovane supplente di matematica (Francesco Rossini, superbo comprimario) o con la paradossale e illusoria proposta di mediazione tra le contrastanti pretese dei sempre litigiosi genitori. Tutti all’altezza i giovani della compagnia, spesso impegnati in più parti. Se non fosse per qualche rigidità di scrittura che li ingabbia in figure un po’ schematiche, al limite del luogo comune.

Con un accenno finale decisamente inquietante: quelle sirene e quei colpi sullo sfondo non sembrano promettere nulla di buono. Storia, profezia, appello pacifista? Di tutto un po’! Uno spettacolo di vaglia che non mancherà – specie in contesti usi a misurarsi col problema – di riscuotere meritati consensi.

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