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Perugino e Burri, dialogo possibile: la mostra a palazzo Baldeschi per i 500 anni della morte del Divin Pittore

Circa 20 opere dei due maestri messe a confronto partendo da un dettaglio che le accomuna: il nero

C’è un filo che unisce il Perugino e Burri. Un filo che viaggia lungo 500 anni e che unisce idealmente i due maestri.  L’obiettivo della mostra “Nero Perugino/Burri”, voluta da Fondazione Perugia nell’ambito delle attività promosse per le celebrazioni per il Cinquecentenario dalla morte di Pietro Vannucci, è quello di far venire alla luce questo legame, mettendo in dialogo le opere di quelli che forse sono i due maggiori artisti di origine umbra, opere accomunate dalla suggestiva e peculiare soluzione formale del fondo nero, da cui il titolo dell’evento.

La mostra è stata presentata dalla presidente di Fondazione Perugia, Cristina Colaiacovo, e dai due curatori della mostra, la storica dell’arte Vittoria Garibaldi e il presidente della Fondazione Burri, Bruno Corà.

“L’Intuizione di mettere a confronto i due maestri – ha spiegato la presidente Colaiacovo - si è sviluppata a partire dal desiderio di valorizzare, in occasione del Cinquecentenario, il gioiello più prezioso della collezione d’arte di proprietà della Fondazione: la tavoletta del Perugino “Madonna con il Bambino e due cherubini”. Da qui ha avuto origine il percorso, che inizialmente doveva essere dedicato al solo Pietro Vannucci e che, successivamente, ci ha condotto, grazie alla competenza dei curatori, a una mostra originale che rappresenta una vera novità nel panorama espositivo. Siamo molto grati alla Fondazione Burri per questa proficua collaborazione tra istituzioni culturali del territorio che continueremo a coltivare a beneficio dell’attrattività della nostra regione”.

Saranno circa 20 le opere esposte dal 21 giugno al 2 ottobre a Palazzo Baldeschi, in corso Vannucci, a Perugia, accuratamente selezionate dai due curatori. Grazie alla collaborazione con la Fondazione Burri, che ha messo a disposizione le opere dell’artista tifernate, e agli importanti prestiti di prestigiosi musei, a partire dalla Galleria Nazionale dell’Umbria fino alla Galleria degli Uffizi e al Museo del Louvre, è stato possibile creare un percorso espositivo suggestivo che fa emergere i tratti comuni di due artisti pari per grandezza e solo apparentemente distanti. Le opere dei maestri Rinascimentali e del Perugino, in particolare, hanno infatti rappresentato per Burri una fondamentale fonte di ispirazione. L’elemento più evidente che accomuna le opere in mostra è lo sfondo nero, privato quindi delle ambientazioni paesaggistiche o prospettico-architettoniche e che rappresenta una grande innovazione per l’epoca del Perugino ed uno dei tratti più ricorrenti nell’opera di Burri.

Ma gli aspetti comuni non finiscono qui come ha spiegato Vittoria Garibaldi che ha curato la grande mostra sul Perugino del 2004: “Ho avuto l’onore di conoscere ma soprattutto di frequentare Alberto Burri negli anni Ottanta. Era solito ripercorrere le vie del Rinascimento dell’Italia centrale insieme ai suoi più cari amici come Nemo Sarteanesi. È questo un dialogo dalle radici lontane e che trova conferma nelle linee, nelle forme e nelle sensibilità cromatiche che uniscono i due grandi artisti.”

Dal canto suo Bruno Corà afferma: “Le affinità da cogliere in questo episodio espositivo con il Perugino, così come avvenuto nel 2015 in occasione del confronto di Burri con Piero della Francesca  e perfino col Signorelli, risiedono nel rapporto tra le loro opere che Brandi ha definito “allotropico”, cioè di creazioni che pur avendo aspetti diversi sono accomunate da una stessa sostanza: essa riguarda, infatti, oltre il colore nero, l’esigenza irrinunciabile di forma, spazio ed equilibrio nell’opera”.

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