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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Una mostra per sognare: dai gioielli di Audrey Hepburn ad altri "veri" falsi gioielli d'autore

La mostra si chiama “Bigiotteria americana ed europea dai primi anni del Novecento ad oggi”. Ci si trovano, per dirne una, i gioielli che Audrey Hepburn indossava in “Colazione da Tiffany” e tanti altri bijoux in esposizione

Una grande lezione di classe, un’occasione unica e irripetibile per ammirare dei “veri/falsi gioielli d’autore”. La mostra si chiama “Bigiotteria americana ed europea dai primi anni del Novecento ad oggi”. Ci si trovano, per dirne una, i gioielli che Audrey Hepburn indossava in “Colazione da Tiffany” e tanti altri bijoux in esposizione – non in vendita – alla Galleria Artemisia di Giuseppe Fioroni e Rita Giacchè.

Promotrici della rara opportunità di ammirare tale bellezza, due collezioniste: Carla Dottorini e Mariapaola Di Gregorio. Le quali, con questa esposizione, dimostrano come l’autentico prestigio della bigiotteria di classe possa non essere legato al valore intrinseco della materia prima di cui è costituita. Ma, piuttosto, alle modalità, alla creatività, alla sapienza artistica di chi l’ha creata.

“L’origine della bigiotteria – spiega Mariapaola – è da rintracciare nell’intenzione, che ispira gli atelier, di valorizzare il vestito con accessori e complementi di classe. Si accorsero che le clienti amavano il bijou, dal fatto che nei negozi rubavano i gioielli falsi, non i vestiti”. “L’esigenza di creare gioielli di questo genere – spiega la Di Gregorio – nasce in due precisi momenti storici: negli anni Venti e nel periodo della seconda guerra mondiale”.

“La prima fase è legata alla grande crisi e al crollo della Borsa di Wall Street  del 1929, cui fece seguito il New Deal di Roosvelt. La gente non poteva spendere e così famosi gioiellieri (provenienti da Italia, Francia e Germania) si dettero a fabbricare negli Usa gioielli, con rara sapienza artigianale, a imitazione di quelli veri. Solo che il materiale era sterling, vermeil e oro ‘pazzo’, cioè a basso titolo (insomma, poco oro e tanto altro metallo). Di fatto, certi materiali preziosi (oro, argento, perle, gemme, diamanti) non arrivavano nemmeno più e si trovò il modo di sostituirli con altri, il cui valore aggiunto era costituito dalla fattura”.

“Molti emigranti italiani, tra essi il maestro orafo Gustavo Trifari – spiega Carla – inseguendo l’american dream, nel Nuovo Mondo, realizzarono dei capolavori. Così anche degli ebrei, in fuga dall’Europa, per le persecuzioni legate all’antisemitismo”. Il valore di questi oggetti è elevato, ma non si custodiscono in cassaforte: le nostre collezioniste li tengono per indossarli. Quotidie.

E oggi, si continua ancora questa produzione? Sconsolante la risposta: oggi si fa tutto in Cina, si è perduta la passione dei maestri artigiani e perfino la bachelite è introvabile. Quindi: beata quella donna che ha dei gioielli di tal fatta.

La mostra, inusualmente ricca, è aperta fino a sabato 15 aprile. È assolutamente da visitare per… ubriacarsi di bellezza. Portateci mogli e fidanzate: siccome non si vende nulla, si può fare bella figura a costo zero. Una volta tanto!

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