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I segreti nascosti dell’Augusta Perusia nelle foto di Franco Prevignano

In mostra alla Misericordia di via Oberdan fino al 28 aprile

Ma quali segreti nasconde l’Augusta Perusia? La risposta nelle foto stratosferiche di Franco Prevignano, in mostra alla Misericordia di via Oberdan fino al 28 aprile. Un’aura di fascino e di mistero circonda gli scatti dell’artista genovese, perugino di persuasa adozione. Una città declinata nei toni di un drammatico bianco e nero e deformata con una visione grandangolare. Come passare dal fisico al metafisico, dal racconto all’affabulazione, dal bianco dei travertini alle infinite sonorità del nero.

Già perché Franco è anche musicista che, stavolta, transita nei territori del rock duro e non fa sconti al dramma esistenziale. Un’operazione – quella di Franco – anticipata da qualche scatto postato sui social e sempre commentato in toni di diffuso consenso. Ma cosa spinge Franco a questo racconto di città densa di ombre e di penombre, con squarci di luce, seguiti da improvvisi pentimenti?

Prevignano predilige il racconto dei particolari: lo abbiamo visto, più volte, quando la spaccatura di una porta, l’ossidazione di una serratura suggeriscono l’astrazione passando attraverso la rude concretezza del vero. O quando il particolare di un edificio, di una carrozza del minimetro ci fa quasi perdere nello sforzo dell’indicazione del tutto. Opere che dis-traggono, ossia “portano altrove”. Il fatto è – questo cerco di dire – che la foto narrativa è ormai fuori dalle esigenze estetiche di Prevignano. Deve perciò evadere, reinventare.

E perfino un vicolo diviene spazio arioso. Anche se con le tinte del tragico, dipinto col pennello intriso nel dramma. Ma perché è “segreta” questa Perugia dell’ultima produzione di Prevignano? Perché si capisce che la vita è mistero e che le strade e le piazze, segnate dalla storia, sono opera dell’uomo di ieri il cui senso resta in noi, avvertibile nel ritmo del cuore e nelle scansioni della quotidianità, sempre più amara.

Ma che sia detto piano, perché in interiore homine habitat veritas. Come dentro quegli scatti c’è un mondo nascosto che non basta vedere, ma interpretare. O forse reinventare e rileggere.

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