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In quel volumetto c’è tutta la grandezza del poeta perugino Walter Cremonte. E una riflessione sulla tomba di Capitini

In quel volumetto di 20 pagine c’è tutta la grandezza del poeta perugino Walter Cremonte. E una riflessione, con noi condivisa, sulla tomba di Capitini. Il libretto s’intitola “Dieci poesie per gli amici” e mi giunge per posta, come sempre, accompagnato dalla dedica, che recita: “Caro Sandro, tra gli amici non potevi mancare tu, vecchio amico fin dai tempi della nostra Principessa”. Spiego a cosa si riferisce Walter. Ai tempi del liceo Mariotti, colleghi del corso A, organizzammo una recita al Morlacchi che si chiamava “Nondum matura est”, titolo rubato a una fabula di Fedro. Il gioco di parole si legava alla nostra “maturità”. Erano registi
di quello spettacolo d’arte varia (il sottoscritto cantava, accompagnandosi con la chitarra) l’oggi antropologo internazionale (insegna anche a Parigi) Piergiorgio Giacchè e Massimo Montella, autore della più bella guida mai uscita su Perugia.

La Principessa in parola era la protagonista e la dedicataria di una poesia scritta da Walter e poi da me musicata. Avemmo, come si dice, il nostro quarto d’ora di notorietà. Dopo di che, quel pezzo non fu mai pubblicato e restò confinato nella memoria di chi ebbe modo di sentirlo. Da allora sono passati gli anni e si sono accumulati gioie e dolori. E Walter si è confermato poeta di rango nazionale, amato dai critici e dai colleghi. La sua poesia è, per così dire, democratica: di una semplicità ricercata, con un lessico genuino, libera da schemi metrici, ma bellissima e profonda.

Il libriccino è dedicato alla cara memoria di Salvatore Lo Leggio (qui con Walter e con Primo Tenca), il quale condusse un’analisi completa e approfondita della vicenda letteraria di Cremonte in occasione della sua iscrizione onoraria alla Società di Mutuo Soccorso (evento al quale si riferisce la foto in pagina).
Walter ha fatto l’insegnante e ha pubblicato diversi libri. Al suo attivo, studi su Binni e Capitini. Proprio a Capitini è dedicata una poesia che si richiama alla nostra recente ricognizione sulla tomba del filosofo, pubblicata sulle colonne di PerugiaToday.

La questione da me sollevata era legata allo stato poco brillante di quel sacello. E all’inappropriatezza di quei fiori di plastica che confliggono platealmente col pensiero del filosofo. Scrive Walter, sotto il titolo “Fiori di plastica”: “Qui non ci sono fiori freschi / fiori recisi, uccisi/ a rendere bella la tomba/ di lui che non voleva/ il tributo della vita alla morte/ ma compresenza/ dei vivi e dei morti nella vita. // dunque fiori di plastica/ fiori mai stati vivi/ (ma non era così/ che andava inteso)”. Ecco, espressa in forma poetica, la tesi da noi sostenuta sulla assoluta inopportunità di quei fiori di plastica sulla tomba del filosofo perugino della nonviolenza. I poeti lo esprimono con eleganza. I cronisti lo rilevano con rabbia.

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