LIBRI di Antonio Carlo Ponti | Niccolò Machiavelli, Relazione da Gualdo sulla scia di Cesare Borgia
Il grande uomo di stato, lo stratega politico, l'autore del principe soggiorno a Gualdo Tadino alla Rocca Flea... il suo carteggio e la storia nell'opera di Arnaldo Picuti
Niccolò Machiavelli, Relazione da Gualdo sulla scia di Cesare Borgia, a cura di Arnaldo Picuti, presentazione di Carlo Cambi, nota di Daniele Amoni, illustrazioni di Lucio Manna, Foligno, Il Formichiere, 2020. Il curatore dell’aureo libretto, Arnaldo Picuti, Bevagna 1934, è un avvocato umanista – di quelli che non leggono solo le pandette ma si cibano ogni giorno di classici – autore di saggi volti a recuperare testi dimenticati, una sorta di risolutore di cold case, di casi irrisolti, un segugio curioso e pure con passate agguerrite esperienze di editore.
Cultore del Segretario fiorentino dal liceo – senza scoraggiarsi davanti all’acida definizione de “Il Principe” come un ‘manuale per gangster’ (© Bertrand Russel) – Picuti apprende di una notte, precisamente del 5 febbraio 1503, trascorsa da Ser Niccolò Machiavelli nella Rocca Flea di Gualdo Tadino, mentre viaggia per l’Italia centrale al seguito di Cesare Borgia (il modello del futuro suo capolavoro politico letterario) che sogna un’Italia unificata, ovviamente sotto la propria dominazione. Ma questo libretto, il diminutivo si attaglia al formato e al numero di pagine, è il frutto di un’illuminazione, o di una suggestione onirica, durante la visita di Arnaldo in Rocca Flea, maniero, eccellentemente restaurato, che incombe sulla cittadina nota per la ceramica e per le acque minerali.
Si sente un po’ il Duca Valentino e un po’ Niccolò medesaimo, Picuti, s’immedesima e deve comunicare le sensazioni provate nei luoghi di quel pernottamento fatidico nell’Umbria che ancora non era Umbria ma una costellazione di territori in subbuglio fra Impero e Chiesa, dentro miriadi di guerre e guerricciole. Non solo, ma Arnaldo era stato da pochi mesi in visita, anzi in pellegrinaggio, anche a Sant’Angelo in Percussina, in Chianti-Val di Pesa, all’Albergaccio, dove Niccolò durante l’esilio al ritorno dei Medici al potere (1512) s’incanagliva in taverna ma la sera, indossati abiti “regali e curiali”, s’immergeva a lume di candela a pensare, studiare, scrivere.
Picuti si lascia andare con poetico abbandono e tesse una tela assai intrigante con alcune lettere di Machiavelli indirizzate ai Dieci che governano in quei mesi l’effimera Repubblica di Firenze. Da qui un colto variegato divertissement cucito intorno a un frammento di storia sfuggito perfino allo storico gualdese Ruggero Guerrieri. Uno scoop editoriale, lo classifica il prefatore Carlo Cambi, una grande firma che passa nel tempo da “la Repubblica” a “La verità”, prova provata che niente è più pernicioso del non cambiare opinione.
Daniele Amoni, medico e fotografo “indigeno” racconta in dettaglio Rocca Flea e la mano sapiente di Luciano (Lucio) Manna colora il bel volumetto di cavalli e cavalieri in giostra. A me questo Machiavelli gustoso è pervenuto per posta con dedica in latino. Oh gran bontà de’ cavallieri antiqui! Direbbe un altro sommo italiano. Lodovico Ariosto. Se la memoria non m’inganna.