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L'Orchestra da Camera di Perugia fa il tutto esaurito: Teatro Morlacchi strapieno

Un teatro strapieno in ogni ordine di posti per l’ottavo concerto della corrente stagione degli Amici della Musica. Sul palcoscenico del Morlacchi, l’orchestra da Camera di Perugia, diretta con sobria autorevolezza dal Maestro Filippo Maria Bressan. Un programma brillante che si apre con la sinfonia del “Barbiere” rossiniano. In cui l’orchestra si muove con scioltezza, padronanza e… soddisfazione.

I ragazzi di Paolo Franceschini – e in primis la pupilla-braccio destro Azusa Onishi – stanno meritatamente, e a pieno agio, sotto i riflettori della scena nazionale. Anche in ragione della versatilità che consente loro di collaborare con figure come Bruno Canino e Paolo Fresu, in contesti di prestigio: da Umbria Jazz al Giappone, dal Festival delle Nazioni agli eventi di Umbria Libri.

Strepitoso il concerto in do maggiore op. 56 di Beethoven, eseguito dal notissimo “Trio Modigliani”, di fresco divenuto “Trio Metamorphosi”, in chiaro riferimento alla necessità di continuo cambiamento, avvertito come irrinunciabile esigenza artistica, da Mauro Loguercio e dai fratelli Angelo e Francesco Pepicelli.

La disinvoltura del trio ha potuto contare sul tappeto, discreto e funzionale, intessuto dall’orchestra perugina. Che ha ben compreso, e dimostrato, cosa significhi “mettersi al servizio” e operare in sinergia, al fine di ottenere un esito artistico che ha letteralmente stregato il pubblico. Chiusura con l’“Italiana” di Mendelssohn che ha incantato fin dalle prime, riconoscibilissime, battute. Poi il ritmo e la perfetta esecuzione hanno travolto gli spettatori, accomunati da un incondizionato consenso. Lode a “Perugia Musica Classica”, al presidente Anna Calabro e al direttore artistico Alberto Batisti, per il loro preziosissimo lavoro, prestato - con professionalità e convinzione - a favore della cultura musicale della Vetusta. L’affluenza e la persuasa adesione della città al concerto dimostra che è finito il tempo in cui la musica classica era faccenda da élite. Perché l’ascolto e la condivisione dei classici diventino un diritto, consapevolmente assunto e rivendicato dai più.

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