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Economia

Lavoro, riforma contratti a chiamata: boom di mancati rinnovi

Nuovo terribile colpo in Umbria per il mercato del lavoro: la riforma Monti cambia le fasce di età per i contratti a chiamata (turismo e piccoli lavori) lasciando fuori i giovani oltre i 25 e i 40enni

 

Un’altra tegola si abbatte su quei lavoratori umbri che, in questo tempo di crisi, sopravvivono con lavoretti saltuari o nel migliore dei casi abbinati con il magro assegno della cassa integrazione.  A Perugia, Terni, Foligno, Città di Castello, la zona del Lago Trasimeno, Orvieto e Valnerina si registrano una serie di "licenziamenti" improvvisi soprattutto nel settore della ristorazione (ristoranti, bar e pub in testa)  e del turismo in genere. Tutta colpa, secondo le associazioni di categoria e di alcuni studi di commercialisti umbri, dei nuovi parametri imposti da questo mese dal Governo Monti sul contratto a chiamata che era diventato uno degli strumenti più utilizzati per regolarizzare la posizione di lavoratori, giovani e under 40, senza gravare ulteriormente le aziende dei costi del lavoro.
 
Le nuove disposizioni più di tutti hanno penalizzato  quei lavoratori over 40 che, dopo aver perso il proprio posto, si erano riciclati nel mercato del lavoro grazie piccoli lavori di collaborazione per alcuni giorni a settimana in aziende di casa nostra. I loro contratti a chiamata di fatto non sono stati rinnovati dopo la comunicazione dei commercialisti ai propri clienti imprenditori sul nuovo decreto Monti sul costo del lavoro. Rispetto alle passate normative si poteva assumere con questa tipologia contrattuale da 44 anni in su; una fascia considerata a rischio rimpiego, come indicano tutti i dati, per una nuova occupazione a tempo indeterminato. Ora invece il Governo ha deciso che il contratto a chiamata sarà possibile per i lavoratori che hanno superato i 55 anni di età.
 
Da qui il mancato rinnovo dei contratti a chiamata per i tanti umbri sotto la nuova soglia di età. Gli obiettivi dichiarati del provvedimento sono sia quello di portare in qualche modo al traguardo della pensione i quasi 60eni in cassa integrazione o disoccupati che incentivare le aziende ad assumere con contratti meno flessibili. Ma non essendoci ripresa economica e l’alta tassazione salva-Paese gli imprenditori, con la cassa semi-vuota, hanno difficoltà a stabilizzare, anche se a tempo determinato, i dipendenti. La rinuncia dei contratti a chiamata è causata anche dalla complessità della normativa: il datore di lavoro direttamente o tramite il proprio commercialista – sono già numerosi gli studi che hanno messo una persona in più per ufficio per occuparsi solo di queste pratiche facendo lievitare i costi a carico dei clienti – deve almeno comunicare 5 minuti prima, con un fax o mail, la presa in servizio del lavoro chiamato all’abbisogna.
 
Difficile per ristoranti, bar, pub e alberghi rispettare la normativa, in caso di necessità di forza lavoro, dopo le 20 data la chiusura dello studio del commercialista di fiducia. Le nuove normative di fatto hanno influito anche su quella di fascia di giovani over 25 che accettano lavoretti anche per mantenersi agli studi o in attesa del vero lavoro. La soglia di assunzione si è abbassata a 24 anni. Tutti gli altri sono fuori dai giochi. E trasgredire alle norme non conviene: previste multe da 400 a 2400 euro. 
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