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Anche il report Banca d'Italia sulla crisi da pandemia è stato chiaro: bisogna puntare su giovani, famiglie e culle piene per salvare l'Umbria

Lo spopolamento unito al virus hanno dato un colpo quasi letale all'economia regionale. I giovani se ne vanno via anno dopo anno. Stiamo affondando: serve un piano straordinario

I dati di Banca d'Italia sugli effetti devastanti della pandemia sono una mera cronaca di un naufragio in linea con il Paese, con tanto di caduta del Pil di 9 punti nel solo 2020. Gli investimenti si sono ulteriormente ridotti (-18,7 per cento quelli industriali).Il fatturato e gli ordini interni ed esteri sono diminuiti drasticamente nel primo semestre, soprattutto nei comparti dei metalli, della meccanica e dell’abbigliamento; la successiva ripresa, "interrottasi in concomitanza con il riacutizzarsi dell’emergenza, si è riavviata nei mesi più recenti". Drammatica la questione che va sotto la voce lavoro: se il blocco dei licenziamenti imposto dal Governo ha salvato i contratti a tempo indeterminato,ha forttemente penalizzato i precari: i lavoratori a tempo determinato sono scesi del 17,6 per cento.

Ma il dramma nel dramma è che a pagarne le spese sono stati ancora una volta i giovani in particolare e le donne per quanto riguarda il genere. "I vincoli posti agli spostamenti e il deterioramento delle prospettive occupazionali - hanno scritto hanno limitato la ricerca di un lavoro e provocato un aumento degli inattivi (4,5 per cento). La quota di giovani tra 15 e 34 anni non occupati né impegnati in attività di studio o formazione (NEET) è cresciuta di oltre quattro punti percentuali, al 20,7 per cento". Ma a peggiorare la situazione in Umbria in particolare è il connubio pandemia e spopolamento. Il calo demografico ha toccato delle cifre da quasi non ritorno e i giovani emigrano come negli anni '60; "Il saldo naturale, negativo sin dalla fine degli anni settanta, ha raggiunto negli anni più recenti livelli mai toccati in passato e molto peggiori rispetto alla media italiana e delle regioni europee con caratteristiche simili all’Umbria.  Il saldo dei movimenti di giovani laureati è diventato negativo e tra i peggiori del Centro e del Nord Italia, a causa dei crescenti spostamenti di quelli umbri verso l’estero e l’Italia settentrionale".

Senza culle piene e prospettive di lavoro l'Umbria rischia di non uscire mai dalla crisi economica non potendo contare su cervelli e braccia sufficienti per invertire la rotta. C'è ancora tempo ma servono politiche nazionali e regionali per la famiglia e per i giovani. L'unica nota positiva che le famiglie - con lavori stabili o con pensioni sopra la media - sono tornate a risparmiare ma a discapito dei consumi (quindi il normale circolo di ricchezza): "Il calo dei consumi (-11,1 per cento) è stato molto più intenso di quello del reddito anche per la difficoltà a effettuare acquisti e per i timori del contagio. Vi è corrisposto un marcato incremento della propensione al risparmio prudenziale; i depositi sono aumentati (7,8 per cento)".

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