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Raccolti distrutti in poche ore e risarcimenti ridicoli, agricoltori umbri esasperati: "Caccia aperta tutto l'anno contro i cinghiali"

La Cia, l'associazione di categoria, spara a zero sulla regione e sulle gestione dei risarcimenti e sul contenimento dell fauna selvatica. C'è chi addirittura ha deciso di abbandonare la professione dopo perdite profonde

Il lavoro di un anno buttato via in poche ore e dopo arriva anche la beffa: un risarcimento ridicolo, che viene erogato - un altro dei mali cronici delle pubbliche amministrazioni - anche due anni dopo la richiesta ufficiale. L'esasperazione degli agricoltori in Umbria - secondo l'associazione di categoria la Cia - ha raggiunto il limite massimo di sopportazione e c'è chi addiritura in questo 2018 ha chiuso i battenti. Ancora una volta a pesare pesantemente sul raccolto e guadagni sono i danni della fauna selvatica (i danni da cinghiale). Delle richieste presentate  sono risultate idonee al risarcimento 968 su 1.321, vale a dire solamente il 73%.

La spesa totale sostenuta in parte dalla Regione e, oltre un certo tetto, dagli stessi Atc secondo le norme regionali, è stata nel 2017 pari a 671.279,24. Basta fare un semplice calcolo per rendersi conto di quanto ogni agricoltore che ha visto andare in fumo il duro lavoro di un anno in pochi minuti percepisce come risarcimento: in media vengono versati appena 508 a domanda. "Una situazione ridicola e inaccettabile, che sta portando i nostri agricoltori all’esasperazione e, in alcuni casi, perfino alla rinuncia della propria attività (i dati del 2018 sulle richieste di indennizzo sono  in calo*), con l’amara considerazione che in molti casi conviene più fermarsi che investire e ritrovarsi dopo tanto lavoro con poche briciole. Come se questo non bastasse, l’iter burocratico per liquidare le pratiche è così farraginoso che si arriva a perdere perfino due anni di lavoro prima di ottenere il dovuto e ricominciare".

Nel 2018 i prelievi di contenimento per l’Atc1 sono stati 1.250. Troppo pochi per la Cia rispetto al numero di ungulati in continuo aumento. “Appare evidente – h affermato Bartolini - il conflitto di interessi della categoria. Non può più essere la stessa squadra di cacciatori della zona a gestire il contenimento. Dovremmo seguire le orme dell’Emilia Romagna che ha deciso di assumere nuove figure di ‘coadiutori abilitati’, vale a dire cacciatori, per far fronte all’emergenza danni causati dagli ungulati. Mentre in Toscana, dopo il parere favorevole dell’Ispra, si è deciso di aprire la caccia al cinghiale tutto l’anno in quelle aree non vocate in cui viene posto l'obiettivo di raggiungere e mantenere le popolazioni di cinghiale ad una densità tendente a zero, considerando l’elevata diffusione di coltivazioni agricole sensibili presenti”. Insomma un numero maggiori di abbattimenti durante l'anno per garantire le aree più ahgricole della regione. Ora la palla passa alla Regione.

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