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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Comuni e Regione, come sono messe le casse pubbliche dopo il Covid? Indebitamento pro capite di 1469 euro

Il punto sulla sanità che rappresenta infatti la principale destinazione della spesa corrente della Regione

La spesa primaria totale degli enti territoriali umbri è rimasta sostanzialmente stabile rispetto al 2019. In termini pro capite si è attestata a circa 3.500 euro, un dato in linea con la media delle Regioni a statuto ordinario (Rso). E' quanto emerge dal rapporto del Siope. La spesa corrente primaria, cioè la spesa corrente al netto della spesa per interessi, che rappresenta oltre il 90% di quella totale, è diminuita dell’1,6%, a fronte del lieve incremento registrato nelle Rso. Al calo hanno concorso soprattutto gli acquisti di beni e servizi, con una contrazione del 2,3%, e i trasferimenti ad Amministrazioni centrali ed enti di previdenza.

La spesa per il personale, seconda componente per importanza, è aumentata sia pure meno intensamente che nelle altre Rso. Su tale componente hanno inciso i maggiori costi per il personale sanitario legati all’aumento della dotazione. La dinamica complessiva è stata attenuata dagli effetti di “quota 100” e dal venir meno, rispetto al 2019, della contabilizzazione degli arretrati relativi al rinnovo dei contratti pubblici. I trasferimenti correnti a famiglie e imprese sono cresciuti dell’8,1% in relazione alle misure di sostegno connesse alla crisi. La spesa della nostra Regione, che assorbe oltre il 70% del totale, è cresciuta meno che nelle Rso in relazione al contenuto aumento della componente non sanitaria (2,8%; 8,8% nelle Rso). La dinamica di quella sanitaria è stata invece analoga alla media (0,5%). La spesa di Province e Comuni è diminuita più che nel resto del Paese.

Per quanto riguarda le entrate degli enti territoriali in Umbria, invece, al netto di quelle finanziarie sono aumentate del 2,7% rispetto all’anno precedente, a fronte di una crescita del 8,2% nelle Rso; in termini pro capite esse corrispondono a 3.890 euro, un dato in linea con quello del gruppo di confronto. Le entrate tributarie, al netto delle anticipazioni sanitarie e della compartecipazione all’Iva della Regione, si sono ridotte riflettendo il calo delle attività economiche; a fronte di ciò sono aumentati i trasferimenti di fondi dallo Stato destinati a fronteggiare gli effetti della pandemia. Le entrate extra tributarie sono diminuite per il calo dei proventi dei servizi pubblici. Alla fine del 2020 lo stock di debito delle Amministrazioni locali umbre era pari a 1.469 euro pro capite, leggermente sopra la media nazionale, attestata a 1.425 euro, e corrispondeva all’1,5% del debito complessivo delle Amministrazioni locali italiane. Includendo le passività detenute da altre Amministrazioni pubbliche, il debito pro-capite si attestava a 1.600 euro.

A livello comunale, le entrate interessate dagli effetti della crisi pandemica rappresentano oltre il 58% delle entrate correnti dei Comuni umbri, un valore superiore di quasi cinque punti a quello medio nazionale. Confrontando le entrate del 2020 con quelle medie del triennio precedente, si registra una perdita di gettito di circa 39 milioni, pari al 4,7% delle entrate correnti. A livello nazionale si attesta al 5,9%. A fronte di tale riduzione del gettito dei Comuni, lo Stato è intervenuto con iniziative di ristoro e con contributi per finanziare le spese straordinarie collegate all’emergenza sanitaria. La sanità rappresenta infatti la principale destinazione della spesa corrente della Regione. 

Secondo i dati ancora provvisori forniti dal Ministero della Salute, nel 2020 i costi sarebbero cresciuti del 5,1%. Vi ha concorso l’aumento della spesa per l’acquisto di beni e servizi (5,1%), per il personale dipendente (1,7%) e per i servizi e le prestazioni sanitarie (9,4%); su quest’ultima voce ha inciso l’ampio ricorso a contratti di collaborazione esterni. Anche la componente relativa ai servizi prestati in convenzione è sensibilmente aumentata (9,7%). Nel corso del 2020 la dotazione di personale sanitario in regione è aumentata di quasi 700 addetti, per circa il 40% infermieri e per il 37% medici. Si è trattato, per i tre quarti del totale, di assunzioni a tempo determinato o mediante altre forme di lavoro flessibile. Questi ingressi hanno consentito di rafforzare temporaneamente la dotazione di personale che, in rapporto alla popolazione, era superiore a quella media nazionale già prima dell’epidemia.

A causa della pandemia, tuttavia, sono state rinviate molte prestazioni. In base alla rilevazione svolta dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, nel primo semestre del 2020 nella nostra regione è stato registrato un calo dei ricoveri del 27% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente nei reparti oncologico e cardiocircolatorio. I dati più aggiornati, relativi alle visite specialistiche ambulatoriali e all’attività di prevenzione, mostrano peraltro un significativo recupero dei ritardi nell’ultimo trimestre dell’anno scorso. Alla fine dello scorso anno ha preso avvio la campagna di vaccinazione, inizialmente rivolta alle fasce di popolazione più esposte al rischio di contrarre il virus (operatori sanitari, forze dell’ordine, personale scolastico) o di sviluppare forme severe di malattia (ultra ottantenni, ospiti di residenze sanitarie). L’approvvigionamento delle dosi è gestito dalla struttura commissariale nazionale che provvede anche a distribuirle fra le regioni: in una prima fase i criteri di assegnazione hanno tenuto conto dell’incidenza sulla popolazione delle categorie prioritarie; a partire dalla metà di aprile si è invece deciso di basare la ripartizione sul numero di residenti di età compresa fra i 16 e gli 80 anni.

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