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Decreto Cura, la rivolta dei 300 ristoratori: "Alle ricette del Governo si preannunciano fallimenti e licenziamenti"

Dopo il fermo dovuto al lockdown a fare da detonatore della rabbia e dell'allarme è stato il decreto “Cura Italia” emanato dal Governo per fronteggiare l’emergenza coronavirus

Quante volte avete e abbiamo sentito dire che il futuro dell'Italia passa per il turismo, per l'enogastronomia, l'accoglienza esemplare e ovviamente la valorizzazione nel mondo del made in umbria? La risposta è semplice: innumerovoli volte da qualsiasi governo nazionale che dalla grande crisi economica del 2007 è salito al potere - con o senza il consenso popolare -. E quante volte, leggendo anche da noi, le cronache economiche avete appreso, dai dati ufficiali, che nuovi posti di lavoro si erano creati e si sarebbero creati proprio lungo l'asse turismo-food-accoglienza? Sempre. Ecco però, ai tempi del coronavirus,  c'è il rischio che tutto quello che avete sentito da Roma e letto sui media sia soltanto un ricordo, che la difesa presunta di tutto questo è ormai cartastraccia e che la rinascita, almeno per questi settori, sia soltanto fatta a chiacchiere. 

Ne sanno qualcosa ben 300 - ma siamo solo all'inizio - operatori commerciali che danno posti di lavoro, rendono vivi centri storici, centri minori e campagne. Imprenditori di locali nell'ambito della somministrazione e ristorazione perugini e della provincia che hanno deciso di combattere una doppia guerra: la prima, come cittadini, per la salute di tutti ai tempi del coronavirus, la seconda quella per la sopravvivenza economica contro il decreto Cura Italia del Governo che a loro giudizio si è dimenticato di questa categoria fondamentale per l'economica dell'Umbria e del Paese. In 300 non vogliono essere travolti dallo tsunami economico che è già partito ufficialmente e che si abbatterà su tutta la nostra economica a breve, quando ancora l'emergenza sanitaria sarà presente.

In 300 hanno dato vita in maniera spontanea ad un fronte comune, un'associazione di categoria, ma il tutto resto aperto per altri sottoscrittori.  Tra i promotori: Gianni Segoloni de IL BISTROT DI PERUGIA, Luca Pellegrini de LASSA Gì ELLERA, Luca Gatti del RISTORANTE DEL GOLF PERUGIA, Fabrizio Marcaccioli del BAR PASTICCERIA ETRUSCA PERUGIA, Simone Ragni del REGINA PERUGIA, Giobi Zangara de LA SERRA PERUGIA, Cristiano Minelli del IL POLLASTRO PERUGIA e Samuele Ciccioli di GUS BOTTEGA ALIMENTARE DI FOLIGNO. 

“Le PMI rappresentano un settore cruciale del tessuto socio-economico dell’Umbria e annoverano un’enorme quantità di addetti – spiegano i rappresentati dell'associazione -, generando un fatturato importante e dando lavoro a persone che oggi rischiano di non avere più un’occupazione. Come parte cruciale del tessuto socio-economico umbro, i piccoli imprenditori richiedono oggi maggiori tutele: una battuta d’arresto del settore rappresenterà un ulteriore colpo all’economia regionale, in crisi attestata ormai da anni. Oggi è inutile girarci intorno: di fronte al Coronavirus e alla risposta dello Stato si preannunziano fallimenti, licenziamenti e famiglie sul lastrico. Uno scenario apocalittico”.

A breve l'associazione formalizzerà una serie di richieste che vanno dall'azzeramento di qualsiasi imposta regionale locale per un periodo definito alla possibilità di riaprire le attività disponendo di liquidità, grazie a un sostegno nell’accesso ai prestiti fino alla sospensione o all'annullamento dei canoni per le utenze relative al periodo di inattività; senza tralasciare il riconoscimento di un indennizzo o altra garanzia per gli amministratori.

A oggi il coordinamento della rappresentanza è in costante contatto con rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali per monitorare la situazione nella speranza che le prossime evoluzioni portino l’attenzione dovuta al settore, comprendendo le reali necessità e le relative azioni in sostegno di un comparto che è linfa vitale nel tessuto socio-economico del paese e che non può essere vittima dopo il virus anche delle scelte del proprio governo.

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