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Tassa soggiorno, Confindustria: i Comuni non rinunciano, regione intervenga

Confindustria, Confcommercio-Federalberghi-Faita e Confesercenti continuano la loro battaglia contro le associazioni di categoria chiedendo un intervento della Regione Umbria

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PerugiaToday

La battaglia delle Associazioni regionali di categoria del Turismo (Confindustria, Confcommercio - Federalberghi - FAITA e Confesercenti) contro la Tassa di Soggiorno continua dopo che nei mesi scorsi in molte occasioni hanno rappresentato ai Comuni dell’Umbria quali conseguenze negative potrebbero determinarsi in capo al settore del turismo in conseguenza dell’adozione di tale nuova imposta. E molti sono i Comuni che hanno ritenuto non opportuna la sua adozione, rinunciando, ad una ulteriore fonte di incasso.

Mancata intesa su adozione omogenea- Va ricordato che vi è stato il tentativo di alcune Amministrazioni comunali di favorire un'adozione “omogenea” su tutto il territorio regionale tramite un'intesa tra tutti i Comuni umbri. Intesa che non è stata mai raggiunta proprio per la volontà di alcune Amministrazioni di non adottarla. Certamente è una posizione che è in linea con l’esigenza di non generare un ulteriore aggravio sugli operatori del turismo.

Ma non sono tutte rose e fiori- Nelle ultime settimane i rappresentanti delle Associazioni hanno avuto numerosi e frequenti incontri con quelle Amministrazioni comunali intenzionate ad introdurre la Tassa nel tentativo di spiegare ulteriormente che la condizione del turismo in Umbria non sopporterebbe un nuovo balzello a carico dei turisti e di chi opera nel settore della ricettività. Nonostante ciò, gli inviti a una riflessione più approfondita, non fondata esclusivamente sulla necessità di incrementare le entrate, sono sostanzialmente caduti nel vuoto. Tutti questi Comuni, infatti, individuando diversi livelli di tariffe, sono rimasti fermi sulle proprie decisioni.

Dove va a finire ricavato della tassa? Oltre a trovare il fondamento nella grave condizione di crisi in cui si trova il settore, è legata anche al metodo utilizzato dalle Amministrazioni comunali nell’introdurre la tassa di soggiorno. Le Associazioni di Categoria del settore sottolineano, infatti, che nessuna delle Amministrazioni intenzionate alla sua adozione ha presentato piani di impiego delle risorse che si andrebbero ad incamerare e che, stando a quanto stabilito dalla normativa nazionale, devono essere utilizzate per servizi rivolti al turismo, direttamente o indirettamente. In sintesi: tanta attenzione ad adottare la tassa a fronte di un totale silenzio su come impiegare le risorse incassate per favorire il turismo.

La Regione intervenga- Le Associazioni, fin dai primi momenti, hanno investito della questione anche il Governo regionale, ritenendo che la vicenda, per le rilevanti ricadute sulle sorti del turismo in Umbria, non possa essere affrontata in una logica meramente fiscale e di contabilità. Chiamato a pronunciarsi l’Assessore regionale al Turismo Fabrizio Bracco aveva espresso perplessità in merito all'adozione della tassa e aveva auspicato comunque un buon senso da parte degli amministratori locali. Pare che tale invito sia stato recepito solo da alcuni.

Un paradosso- Con l'avvicinarsi della fine dell'anno, si prospetta, per alcuni territori, con sempre maggior certezza l'ingresso di tale gabella. Territori che, dati alla mano, hanno sofferto più di altri della restrizione dei flussi turistici.

Appello a Bracco e alla Marini- Verificata l'indisponibilità a rivedere le proprie decisioni da parte di tali Comuni e ritenendo che la vicenda abbia profonde incidenze sullo sviluppo del turismo, Confcommercio Umbria - Federalberghi - FAITA, Confindustria Umbria e Confesercenti Umbria si appellano alla Regione Umbria, alla Presidente Marini e all'Assessore Bracco affinché  si possa aprire un confronto a livello regionale sulla decisione assunta da tali Amministrazioni. In gioco vi è la permanenza di imprese e di posti di lavoro. Si teme che proprio la tassa sia il colpo di grazia per molte di esse. Si sta rischiando il dissolvimento di un tessuto di aziende che nel corso degli anni hanno continuamente investito in qualità e che sono uno dei punti di forza dell’attrattività dell’Umbria. La loro scomparsa non è un vantaggio per nessuno.

 

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