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Economia

Storia di un altro marchio, la pasta Julia, che rischia la chiusura: 45 lavoratori lottano per il loro posto

"Siamo pronti ad avviare tutte le azioni legali necessarie per salvare le decine posti di lavori, comprese quelle per l’annullamento del bando, nonché di un’eventuale assegnazione della stessa azienda ad un imprenditore"

Riceviamo e pubblichiamo l'ennesima storia di una vertezza iniziata ormai da tempo e che in questi giorni sta vivendo, tra scelte discutibili e minacce di ricorsi alla magistratura, forse il suo epilogo, un finale che non avremmo mai voluto perchè altre 45 famiglie umbre rischiano di non avere più un lavoro. Ecco cosa sta accadendo alla fabrica della Pasta Julia di Spello. 

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di Gianluca Menichini - Flai Cgil  - Loreto Fioretti - Fai Cisl

La storia più che ventennale di questo storico marchio di pasta fresca, situato nella città di spello, ha intrapreso forse una strada senza ritorno. L’ultimo tentativo del 2015 con l’affitto di ramo d’azienda, alla compagine denominata Pastificio Fidelia, non ha avuto le sorti sperate, soprattutto dai dipendenti; quest’ultimi avevano e hanno investito in maniera molto importante su questa possibilità. Purtroppo la storia, le difficoltà organizzative, i rapporti con il mondo finanziario, alcuni evidenti errori, hanno generato difficoltà che sono tutt’ora fonte di tensione e di problemi per i circa 45 dipendenti, attualmente in forza; per ultimo la domanda di concordato, rigettata dal tribunale di Spoleto dopo quasi 5 anni dalla sua presentazione, ha dato il colpo di grazia.

La conseguente sentenza del 2019, ha avviato quest’ultimo percorso verso il baratro. I rapporti inesistenti tra il pastificio Fidelia e la curatela, hanno permesso una difficile sopravvivenza in questi ultimi mesi e le nostre richieste di attenzione e impegno verso i lavoratori, sono cadute nel vuoto. Alla fine di novembre 2020, l’ultima novità che rischia di chiudere definitivamente la vicenda: la curatela intraprende la strada di un nuovo bando di affitto di ramo di azienda, non considerando nemmeno un lavoratore. Questo per noi è un fatto inaccettabile!

Capiamo i ruoli ma non si può pensare di cedere o affittare un’azienda facendo finta che i lavoratori non esistano. Come si può pensare di affermare che i lavoratori non rientrino nelle responsabilità del tribunale quando questo nuovo intervento è conseguenza della storia di questo sito produttivo, rimasto in vita grazie alle rinunce, ai sacrifici e l’impegno dei lavoratori, che lo hanno mantenuto vivo e sul mercato.
È evidente che non si può dire altrettanto delle procedure, dei professionisti e degli imprenditori o pseudo tali che si sono succeduti.
Pensare che un'azienda è tale solo perché ci sono quattro mura, un numero miseramente basso di macchinari e un marchio, secondo noi è assurdo e, per alcuni punti i totale contrasto con quanto prevede la nostra Costituzione per la responsabilità sociale dell’impresa; quest’ultima non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale.

Nel caso di questo nuovo bando, non considerare i lavoratori è secondo noi perdere completamente la sua utilità sociale. A nostro avviso, fare tutto ciò in nome e per conto di un tribunale, ne aumenta la gravità!! Nelle settimane passate, come organizzazioni sindacali abbiamo provato a convincere la procedura a modificare il bando, ma è evidente come la risposta sia stata negativa.

Successivamente abbiamo provveduto a informare il giudice fallimentare del tribunale competente di Spoleto, con la speranza di un suo intervento. L’imminente scadenza dei prossimi giorni ma soprattutto gli scenari di licenziamento collettivi e chiusura attività che ci sono stati prospettati anche dagli stessi curatori sono allarmanti per le evidenti conseguenze. La cosa certa è che i lavatori e le loro organizzazioni sindacali andranno fino in fondo. Siamo pronti ad avviare tutte le azioni legali necessarie per salvare le decine posti di lavori, comprese quelle per l’annullamento del bando, nonché di un’eventuale assegnazione della stessa azienda ad un imprenditore. Nessuno potrà mai conviverci che questa è l’unica fine di questa vicenda, per rispetto di una storia, di un territorio e dei lavoratori.

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