Uffici postali dell'Umbria decimati senza pietà: i sindacati scendono in guerra
La furia dei rappresentanti dei lavoratori: "Dal 2012 ad oggi Poste Italiane ha messo mano a 76 punti con 32 chiusure e 44 razionalizzazioni. Pronti alla mobilitazione. E allo sciopero"
Mannaia senza pietà. E senza remore. “Dal 2012 ad oggi Poste Italiane ha messo mano in Umbria a 76 uffici postali con 32 chiusure e 44 razionalizzazioni. Numeri impressionanti con riflessi molto pesanti sull’occupazione, ma che sono destinati a peggiorare ulteriormente, visto che per il 2015 sono state annunciate dall’azienda altre 500 chiusure di sportelli postali in Italia”.
I sindacati dei lavoratori postali (100mila iscritti su 142mila dipendenti in Italia) Slc Cgil, Slp Cisl, Uil Post e Failp Cisal dell’Umbria lanciano l’allarme. E per la prossima settimana annunciano le prime iniziative di mobilitazione, insieme alle confederazioni e ai sindacati pensionati, con due presidi sotto le prefetture di Perugia e Terni. In altre parole, la rivolta continua. E si farà più aspra.
“Siamo preoccupati non solo per i pesanti riflessi sul lavoro che le scelte di Poste, avallate dalla politica, avranno – si infuriano i rappresentanti dei sindacati umbri – ma anche per gli effetti sui cittadini. Tra l’altro a marzo è annunciata una ristrutturazione del servizio di recapito, con la consegna che, in quasi tutti i comuni dell’Umbria, diventerà a giorni alterni”. Il peggio peggiora. I sindacati denunciano un “vero e proprio smantellamento di servizi essenziali alla cittadinanza”. Il tutto “senza che l’azienda, che nel frattempo vanta bilanci ‘scoppiettanti’, accetti il minimo confronto”.
Per questo i sindacati si rivolgono anche alle istituzioni e alla politica, che “ha avallato con le leggi (in particolare il decreto Scajola) questo comportamento”. “Si stanno chiudendo, attraverso una razionalizzazione calata dall’alto e senza confronto – chiudono i sindacati - uffici postali che hanno un elevato potenziale, con posti di lavoro persi che non si recupereranno. Ma Poste non può ragionare solo in termini di profitti e ricavi, perché svolge anche un ruolo sociale”. Da qui in poi sarà guerra. I sindacati preparano le barricate: tutti pronti “a una lunga mobilitazione, senza escludere forme di lotta anche più dure, come lo sciopero”.