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Economia

Negozi, imprese e sindacati: "No a liberalizzazione selvaggia degli orari"

Le imprese e i sindacati umbri sono uniti sul fronte del no alla liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi, contenuta nell'articolo 31 del decreto Salva Italia del Governo Monti

Sindacati e imprese umbre sono unite nell'affermare che l’articolo 31 del Decreto Salva Italia sulle liberalizzazioni degli orari e delle aperture degli esercizi commerciali è sbagliato e dannoso per le imprese, i consumatori, i lavoratori e le lavoratrici.

Secondo i sindacati in Umbria il commercio è già ampiamente liberalizzato, la stessa Direttiva Servizi, approvata dalla Regione Umbria nel 2010 aveva ampliato il numero delle aperture dei giorni festivi pur mantenendo il principio di regolamentazione e di concertazione fra le parti a livello locale: "Nessuno è contrario al cambiamento e all’innovazione, ma in uno scenario di recessione e di contrazione dei consumi, una liberalizzazione senza regole, come è quella decisa dal Governo Monti attraverso il Decreto Salva Italia, rischia di fare esplodere ulteriori conflittualità e di produrre pericolosi effetti boomerang".

La protesta arriva da Confcommercio Umbria, Confesercenti Umbria, Lega coop Umbria, Cgil Umbria, Cisl Umbria, Uil Umbria, Filcams-Cgil Umbria, Fisascat-Cisl Umbria e Uiltucs- Uil Umbria; le quali affermano che: "Per queste ragioni rinnoviamo l’invito alla Regione Umbria di mettere in atto tutte le iniziative istituzionali necessarie, quali la richiesta al Governo nazionale di modificare l’art. 31 comma uno del decreto, oltre che a valutare l’impugnabilità, per via costituzionale, dell’articolo stesso. Chiediamo, inoltre, di promuovere le necessarie iniziative al fine di ripristinare quelle che sono le competenze proprie della Regione in termini di legislazione, programmazione e regolamentazione in materia"

Imprese e sindacati dell'Umbria, chiedono ala Regione di adoperarsi per la costituzione di un tavolo di concertazione tra le parti sociali che porti ad una regolamentazione condivisa della disciplina delle aperture festive e domenicali e degli orari di apertura al pubblico: "E’ sconcertante il pressappochismo di chi sostiene che, senza limiti di orario e di regolamentazione delle aperture degli esercizi commerciali, si aumentano i consumi e la ricchezza prodotta, contribuendo all’aumento del Pil nazionale".

Il tema degli orari non può essere riconducibile alla sola apertura dei negozi o dei centri commerciali, ma diventa materia molto più complessa, che va dal funzionamento della città, ai servizi pubblici e privati, alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle famiglie. In Umbria, il tema degli orari è già ampiamente affrontato dalla normativa regionale: i negozi potevano aprire 13 ore nell’arco delle 24 a discrezione degli imprenditori con il confronto tra le parti sociali. Così come è noto che nei centri turistici, d’arte, storici o per eventi e manifestazioni di particolare interesse, esisteva la possibilità di stare sempre aperti.

Sempre secondo le sigle unite che hanno firmato questa nota: "Estendere ulteriormente il numero delle ore di apertura comporterebbe ovviamente un aumento dei costi di gestione e del costo del personale, che, per effetto delle maggiorazioni contrattuali previste dai CCNL, andrebbero inevitabilmente ad incidere sui prezzi al consumo, senza calcolare il costo sociale dei dipendenti e degli imprenditori, che è evidente, ma difficilmente quantificabile. Riteniamo che occorra sviluppare politiche di sostegno, di rilancio e sviluppo del settore commerciale a partire dai centri storici, oggi soffocati dal crescente spostamento dei consumi verso le periferie, con l’aggravio dell’inquinamento ambientale. Così come consideriamo necessario mantenere l’equilibrio tra grande e piccola distribuzione, per la qualità del servizio ai consumatori e, soprattutto, sostenendo il reddito e il lavoro.

 

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