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Martedì, 19 Marzo 2024
Economia

Lettera di un imprenditore umbro al presidente Conte: "Molti chiuderanno, molti perderanno il posto. Lei sa che..."

Riceviamo e pubblichiamo una lettera-riflessione sul Decreto Cura Italia. "La prego, sia un presidente degno di questo popolo"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PerugiaToday

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta al presidente del Conte di un piccolo imprenditore sui rischi economici e sul decreto Cura Italia.

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di Fabrizio Pivari

Egregio Presidente Le scrivo questa lettera aperta in un momento in cui l’emergenza ha riportato al centro dell’attenzione l’uomo, il cittadino, i suoi bisogni essenziali. Sono un imprenditore umbro. Come tante altre, anche la mia impresa, è stata travolta in pochi giorni dall’espandersi dell’epidemia e dalle misure adottate, in modo incessante dal suo governo. Ho rispettato, all’inizio con qualche scetticismo, poi con convinzione, le sue indicazioni, condivido l’importanza, in momenti come questi, che ognuno faccia la sua parte.

L’11 marzo, seppur, come Resort, non ne avessi l’obbligo, ho deciso di chiudere, dopo 20 anni, per la prima volta, la mia impresa. Ho mandato a casa, non nego, con dolore, tutto il mio staff, ho passato da solo tutta la giornata al telefono a gestire le disdette e le richieste di rimborso che sono piovute copiose come grandine. La sera ho spento tutti gli impianti e mi sono soffermato ad osservare la mia struttura completamente al buio, immersa nel silenzio, vuota come non l’avevo mai vista. Ho provato anche io un grande senso di vuoto e soprattutto di profonda solitudine. Lei ha preso delle decisioni importanti, non era facile, ha assunto delle responsabilità, ha affermato di aver scelto “la via della verità e della trasparenza”, che è anche la via che io prediligo. Mi ha risuonato, in questi giorni, una frase dal suo governo più volte ripetuta: “Nessuna impresa chiuderà, nessuno perderà il lavoro”.

Mi spiace Presidente, questa non è verità, non è trasparenza. Lei sa, come me, che probabilmente, molte imprese, soprattutto le piccole, non riapriranno e che molti lavoratori, terminati gli ammortizzatori sociali, perderanno il loro posto di lavoro. Mi ha risuonato, in questi giorni, una frase dal suo governo più volte ripetuta: “Nessuna impresa chiuderà, nessuno perderà il lavoro”.  Lei sa, che il virus economico in un mondo totalmente interconnesso, è molto più capillare di quello fisico, e che ne saremo tutti, chi più, chi meno contagiati e che espanderà i suoi effetti ben oltre la fine dell’emergenza sanitaria, della cui data non abbiamo certezza, come non abbiamo certezza dell’assenza di un suo possibile ritorno.

Lei sa che, al di là degli effetti immediati sulla borsa e sullo spread, rispetto ai quali i media ci tengono sempre informati, c’è un mondo silenzioso di milioni di piccole e medie imprese, spesso familiari, la cui situazione, con il blocco degli incassi è già oggi critica, e se ciò dovesse prolungarsi a lungo diventerà drammatica e il fatidico giorno in cui il virus fosse sconfitto, dovrà confrontarsi, alla ripartenza, con mercati trasformati rispetto alla capacità di acquisto, alle abitudini di vita, ai tempi e alle modalità di consumo, e non sarà affatto scontato riuscire a ripartire e sopravvivere. Lei sa che quel fatidico giorno segnerà, per queste imprese, si un sollievo importante, ma anche l’avvio di un cammino fatto ancora di lacrime e sangue, dove non mancheranno altri morti…

Lei sa che non state facendo assolutamente abbastanza per le imprese! E’ vero che ci siamo abituati, che operiamo ogni giorno in silenzio in un contesto molto simile ad un percorso ad ostacoli, fatto di burocrazia, di tassazione insostenibile, di adempimenti e controlli continui, portando avanti, nonostante ciò, i valori di operosità, ingegno, talento e innovazione che ci caratterizzano. Siamo piccole imprese commerciali e artigiane, imprese turistiche e dei servizi, dell’agroalimentare, della moda, del design, dell’arredamento, siamo il famoso made in Italy, di cui spesso ci si riempie la bocca, senza sapere che dietro a tutto ciò ci sono persone che rinnovano ogni giorno una scelta di vita, una passione, orari di lavoro estenuanti, come quelli che, sempre per passione, suscitano oggi l’ammirazione nei confronti di medici e infermieri. Non sono i guadagni che ci spingono, se facessimo i conti avremmo in molti chiuso da un pezzo, è il nostro amore e la nostra identificazione con le nostre imprese, è questo il nostro DNA. Siamo un patrimonio tanto importante quanto scontato, trascurato, come lo sono purtroppo altri patrimoni inestimabili del nostro paese.

Eppure creiamo ogni giorno occupazione e ricchezza, quella ricchezza con cui, tra le altre cose, si finanzia anche la sanità pubblica. Abbiamo fatto un atto di fiducia, siamo passati dalle parole ai fatti, abbiamo chiuso le nostre aziende, ora lei deve fare la sua parte. Non si può solo togliere, si deve anche dare in forma equivalente, non si possono prendere decisioni devastanti e delegarne ad altri il peso. Non c’è più tempo per parlare, bisogna agire. E’ vero che sarà la storia a giudicarla, a me non interessa giudicarla a posteriori, mi interessa la sua azione qui ed ora. Per l’emergenza sanitaria, sono a rischio vite umane e sono concorde che sono il bene più grande, per l’emergenza economica è a rischio la vita di molte imprese con tutto ciò che questo comporta. A rinunce eccezionali devono corrispondere misure di supporto eccezionali.

L’“economia di guerra” non può valere in una sola direzione. Ai DPCM che impongono rapidamente nuove limitazioni deve seguire, altrettanto rapida l’attuazione del decreto “CuraItalia” e poi, ancora più rapidi, altri decreti economici che accompagnino di pari passo le ulteriori restrizioni. Ciò purtroppo non sta affatto accadendo. Bisogna essere non solo veloci, ma anche seri ed efficaci. Presidente, lei sa che non si può arginare un’alluvione usando gli stracci, uno shock economico epocale di lunga durata con misure tampone a due mesi, con un decreto ancora da emendare, con uno stanziamento già limitato, attivato al 50% e senza tempi e procedure certe. Lei sa che non è questa la cura che necessita questa malattia, e che questa volta non possiamo sbagliare la cura, la posta in palio è troppo alta. C’è bisogno di regole e tempi certi per programmare la ripresa, di uno shock vero per l’emergenza e di un piano di lungo termine per provare a rimanere “un paese sviluppato” in tutti i sensi, c’è bisogno ora o forse mai più di cambiare passo. C’è bisogno di bloccare le tasse e i mutui per almeno un anno, perché sarà il periodo minimo necessario per poter parlare di ripresa, immettere subito nelle aziende, nei loro conti correnti, come altri paesi stanno facendo, liquidità immediata per garantire la riapertura dopo il blocco totale degli incassi, rendere accessibile finanza a lungo termine per attivare piani di investimento per essere competitivi, semplificare tutti procedimenti amministrativi legati alla sfera economica, far ripartire gli investimenti pubblici, detassare le famiglie sui consumi made in Italy.

Lei lo sa, come tutti noi lo sappiamo che dobbiamo fare subito almeno questo ed altro ancora per tentare (e in ogni caso sarà molto difficile riuscirci) di dare un senso alla sua ambiziosa promessa: “nessuna impresa chiuderà, nessuno perderà il suo posto di lavoro”. Non vogliamo assistenzialismo che aiuta ma non crea ricchezza, vogliamo recuperare la dignità perduta, non abbiamo paura di sognare, di rimboccarci le maniche, siamo consapevoli che questa emergenza, nella drammaticità che la caratterizza, è una grande occasione per riprendere coraggio, orgoglio, riprendere, con un salto in avanti, un cammino da troppi anni interrotto, abbandonare il senso di disagio, di sfiducia, di rassegnazione che non è nel nostro dna di cittadini e imprenditori ed eppure è diventato anche questo un “virus” parte del nostro quotidiano. Vogliamo tornare a essere più che mai quel valore che il mondo intero ci riconosce. E’ ora il tempo della svolta, in cui nella sofferenza si preparano le grandi cose, in cui ci si spoglia delle cose inutili e si recupera l’essenziale, i valori, la bellezza, il tempo in cui nascono i guerrieri e si accettano le sfide, emergono gli eroi e il loro esempio, in cui si resiste senza tentennare perché nella mente e nel cuore si ha già chiaro il sogno, già nitida l’immagine di quello che sarà e che già è, che nei pensieri e nei gesti di oggi inizia ad emergere.

Non abbiamo più scuse abbiamo visto che se vogliamo possiamo fare insieme, “miracoli“, approvare un decreto in un giorno e non in un anno, realizzare un ospedale in 20 giorni e non in 20 anni. E’ ora il tempo in cui si vede il valore degli uomini, delle organizzazioni, dei popoli, nei momenti in cui si è nudi e sofferenti. Siamo un popolo con molti difetti ma con il grande pregio, nei momenti più difficili, di riuscire a tacere e a far parlare i fatti, a tirare fuori il meglio. Lo stanno facendo i nostri infermieri e medici, siamo pronti a farlo anche noi imprenditori, con tutto l’amore per le nostre imprese e per questo meraviglioso paese.

La prego, sia un presidente degno di questo popolo! Solo così “andrà tutto bene“ veramente! Solo così non seguirà ancora una volta al dolore la disillusione e la rabbia come a Norcia, ai proclami emotivi dell’emergenza non seguirà il vuoto, quel senso di profonda solitudine che mi ha invaso sia nel vedere che ancora oggi rimangono ancora macerie del terremoto da rimuovere e sia la sera dell’11 marzo. Il mio sogno è di poter sostituire quella solitudine con la fiducia, la forza, lo spirito di squadra, di poter sostituire alla preoccupazione la fede, spero che sia anche il suo. Siamo fermi, ma mai domi, stiamo solo scaldando i motori! La voglio salutare citando un santo molto caro a noi umbri, con una frase che sia un auspicio per me e per lei “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile.” (Francesco d’Assisi) Francesco Micci

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